Ogni persona contagiata dal virus SarsCoV2 ospita in realtà un mix di varianti: monitorarne la diversità genetica potrebbe essere utile per prevedere quali ceppi hanno maggiori probabilità di prendere il sopravvento diventando un problema di sanità pubblica.

Lo indica uno studio su 360 pazienti, pubblicato sulla rivista Plos Genetics dalla Case Western Reserve University negli Stati Uniti.

I ricercatori hanno sequenziato il genoma virale isolato da 250 pazienti in Ohio e poi hanno esaminato i dati ottenuti su altri 110 pazienti da network di ricerca internazionali. Le informazioni, raccolte quando erano predominanti i ceppi di SarsCoV2 Alpha e Delta, dimostrano che mutazioni caratteristiche dei ceppi Omicron BA.1 e BA.2 erano già presenti almeno un anno prima che le varianti Omicron venissero dichiarate motivo di preoccupazione.

"Il nostro lavoro accende i riflettori sulla complessità delle malattie infettive, che spesso viene troppo semplificata quando si considera solo il virus più abbondante in un'infezione - spiega Ricky Chan, direttore dell'unità di bioinformatica del Cleveland Institute for Computational Biology presso la Case Western Reserve School of Medicine.

"Abbiamo dimostrato l'importanza di esaminare le variazioni che solitamente vengono considerate solo rumore di fondo. Abbiamo infatti visto che le varianti genetiche osservate a bassa frequenza nelle infezioni da SarsCoV2 possono essere indicatori precoci di nuovi ceppi responsabili di successive ondate di contagi".