Se si dovesse descrivere il concetto di passione che supera ogni confine umano, non può non esser presa come esempio la straordinaria forza di volontà della cosentina Carmen Diodato, la prima ballerina sorda del corpo di ballo del teatro “Massimo” di Palermo.



«Il suono è ovattato, potrei dire come quando si sta sott’acqua» spiega Carmen ai giornalisti de 'Il Corriere della Sera' e 'La Sicilia'. Un mondo percepito diversamente, che - però - non si lascia fermare dagli ostacoli imposti dal corpo, quando è il cuore a spingerla verso il grande palco.




Oggi Carmen ha 34 anni, usa protesi particolari e danza grazie alle vibrazioni. «Devo alla mia logopedista l’amore per la danza. - afferma la ballerina - Fu lei a suggerire a mia madre di iscrivermi a una scuola di ballo, perché la musica avrebbe potuto aiutarmi: era l’Accademia Vesuviana di Danza, la mia famiglia si era trasferita in Campania per seguire mio padre carabiniere. Io sentivo le vibrazioni attraverso il pavimento. In quel periodo ho cominciato a portare le prime protesi esterne, grazie alle quali il mio isolamento è finito. Oggi senza protesi non sento nulla, né suoni né rumori. Quando le indosso sento a modo mio, non come voi udenti, perché non riesco a coprire tutta la gamma dei suoni».




A 12 anni Carmen entra nella scuola di danza del San Carlo di Napoli, nel tentativo di cimentarsi in questo piccolo grande sogno. Sarà la direttrice - però - a farle lasciare la scuola, poichè ritenne che "non avesse le stesse potenzialità delle altre, per via dell’udito."

Carmen però non si arrese mai e - abbattendo quelli che erano dei semplici pregiudizi - si iscrisse alla scuola privata Percorsi di danza, a Somma Vesuviana, dove si diplomò con il massimo dei voti nel 2007.

«Per fortuna nessuno usa più la parola sordomuti, perché non siamo muti. Riusciamo a parlare, grazie agli esercizi con la logopedista» asserisce la ballerina. Carmen - infatti - sa leggere benissimo il labiale e viene seguita dall'età di due anni. «Il momento più brutto - ha raccontato - durante la pandemia: con la mascherina non leggevo il labiale del mio coreografo»