Il Dna umano è ovunque, dall'acqua dei fiumi al terreno fino all'aria, compresa quella di una scena del crimine, e adesso ci sono le tecnologie per trovarlo nel Dna disperso nell'ambiente (il Dna ambientale), finora utilizzato per studiare la biodiversità.




La scoperta, realizzata da David Duffy dell'Università della Florida e pubblicata sulla rivista Nature Ecology & Evolution, dimostra le incredibili potenzialità delle nuove tecniche di analisi genetiche, ma apre anche importanti questioni etiche e legali sulla possibilità si essere controllati, una sorta di sorveglianza genetica.


La scoperta nasce dall'analisi del cosiddetto Dna ambientale, ossia il materiale genetico che può essere trovato nell'ambiente lasciato dalla presenza di animali e che fornisce importanti indicazioni per conoscere, ad esempio, quali specie si trovano in quel microambiente.

 


Analizzando i campioni con tecniche di sequenziamento genetico di nuova generazione, i ricercatori hanno identificato più volte, e facilmente, anche campioni dei colleghi che avevano semplicemente raccolto i materiali, fino a identificare facilmente i singoli ricercatori.

E' stato possibile utilizzando le sempre più avanzate tecniche di sequenziamento genetico dette 'profonde' che, se da un lato permettono di ottenere molte informazioni importanti , dall'altro aprono anche una serie di preoccupazioni etiche.

 

Il rischio è "la sorveglianza genetica ingiustificata", ha commentato su Nature l'esperta di diritto Natalie Ram, dell'Università del Maryland a Baltimora.

Sicuramente un vantaggio importante potrà arrivare per le investigazioni sulla scena di un crimine, ma, aggiunge Ram, "ognuno di noi perde continuamente Dna e quindi i metodi investigativi che sfruttano tali fonti di Dna (incluso il Dna ambientale) possono essere sfruttati per conoscere o prendere di mira ognuno di noi".

 

Il rischio è che il Dna disperso anche in ambienti pubblici, come un supermercato, possa essere usato ad esempio per indagini di profilazione dei consumatori: con le tecnologie che migliorano è fondamentale, conclude Ram, trovare un giusto e nuovo equilibrio tra la possibilità di preservare la privacy genetica e ad esempio facilitare le indagini.

 

La tecnica di analisi del Dna ambientale, i vantaggi e i possibili rischi

"Da alcuni anni è possibile fare analisi del cosiddetto Dna ambientale, con tecniche che trovano applicazione soprattutto in studi ambientali, per identificare inquinanti o più recentemente per studi epidemiologici, come è avvenuto nel caso del Covid, in cui era possibile identificare tracce del virus nelle acque reflue per monitorare la diffusione dell'epidemia", ha detto all'ANSA Davide De Pietri Tonelli, neurobiologo dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit).

 

Lo studio del Dna ambientale, o eDna, è una tecnica non invasiva e relativamente a basso costo, che permette in poco tempo di identificare tutti gli organismi, o più precisamente i materiali genetici, che si trovano in quel determinato ambiente.

 

Utilissima in indagini ambientali, ad esempio per censire tutti gli organismi presenti in una nicchia ecologico, compresi microrganismi quasi impossibili da isolare e identificare in modo diretto, oppure per identificare i patogeni umani, o ancora per le indagini su una scene del crimine.

 

"In questo studio - ha aggiunto De Pietri Tonelli - i ricercatori hanno esaminato in particolare due di queste tecniche e ne hanno messo in risalto le potenzialità in modo molto interessante.

 

Di fatto ne hanno evidenziato i pro e i contro dal punto di vista scientifico ed anche etico".

Secondo gli autori della ricerca, le tecniche di nuova generazione, in particolare le tecniche di sequenziamento genetico 'profonde', permettono di leggere lunghe sequenze genetiche, fino a circa 150mila basi, da cui è possibile ottenere informazioni molto preziose dal punto di vista scientifico ma che hanno anche risvolti etici rilevanti.

 

"Analizzando ad esempio il Dna degli scarichi fognari di una popolazione - ha osservato Tonelli - posso verificare eventuali modifiche dovute a determinati eventi ambientali, come un grande incendio, oppure analizzando il Dna catturato dai filtri dell'aria di un locale pubblico posso risalire ad alcune caratteristiche di chi lo frequenta".

 

In altre parole, dall'analisi del Dna ambientale si possono anche ottenere informazioni potenzialmente molto interessanti per profilare gruppi di persone e utilizzabili per scopi di marketing.

 

"E' certamente importante esserne a conoscenza e riflettere su questi potenziali utilizzi - ha concluso De Pietri Tonelli - ma ad oggi non esistono vere e proprie banche dati genetiche relative a ogni individuo e ritengo che la privacy, almeno per il momento, sia messa ben più a rischio dai dati che vengono continuamente acquisiti dai semplici smartphone".