Incendi e deforestazione stanno incalzando in Amazzonia con un ritmo che non ha precedenti e che rischia di spingere il polmone verde del pianeta verso una soglia critica, un punto di non ritorno che potrebbe avere conseguenze sull’intero pianeta.


 

Tanto che per il 2050 le proiezioni indicano che incendi e disboscamento illegali diventeranno i primi generatori di CO2 in Amazzonia. A lanciare l’allarme sono due studi pubblicati sulla rivista Science, che in modo indipendente hanno esaminato i dati sui profondi cambiamenti avvenuti nella foresta amazzonica negli ultimi anni, dovuti a una notevole intensificazione delle attività umane.

 

La foresta amazzonica dopo un incendio (fonte: Marizilda Cruppe, Erika Berenguer).


 

Considerata da sempre uno degli ecosistemi più vulnerabili e critici per garantire l’equilibrio dei cicli del carbonio e dell’acqua, nonché degli habitat di circa un terzo delle specie viventi finora note, la foresta pluviale dell’Amazzonia è sconvolta da cambiamenti che la stanno degradando progressivamente.

 

Da entrambi gli studi emerge che incendi e deforestazione stanno producendo quantità di CO2 sempre maggiori, con serie conseguenza sulla biodiversità e sugli equilibri socioeconomici che ricadono sugli abitanti della foresta.


 

La superficie di foresta amazzonica attualmente degradata da incendi, disboscamento e siccità è pari al 38% di quello che complessivamente resta dell’Amazzonia, si legge nella ricerca il cui primo autore è David M. Lapola, del Centro di ricerca meteorologica e climatica applicata all'agricoltura (Cepagri), dell’Università brasiliana di Campinas.

 

La degradazione della foresta, rilevano gli autori della ricerca, si traduce per esempio in una riduzione del 34% della quantità di acqua che passa dal suolo all’aria per effetto della traspirazione attraverso le piante e l’evaporazione dal terreno (evapotraspirazione).

 

Questo effetto, a sua volta, finisce per impoverire la biodiversità e per modificare il paesaggio, generando in questo modo anche una forte disomogeneità socioeconomica.

 

Le proiezioni, scrivono i ricercatori, indicano che il degrado continuerà a essere un’importante fonte di emissioni di CO2, indipendentemente dalla deforestazione.