Francesco Vinci
Francesco Vinci

Francesco “Ciccio” Vinci aveva appena 18 anni quando, il 10 dicembre 1976, fu vittima di un agguato mortale a Cittanova, in provincia di Reggio Calabria. Studente liceale e giovane attivista nella Fgci, Vinci era già impegnato pubblicamente nella denuncia della ’ndrangheta e nella vita politica del suo territorio. Il suo modo di esprimersi — anche apertamente contro le cosche — lo rendeva scomodo in un contesto segnato da violenza mafiosa.

Una morte per errore nella spirale della faida di Cittanova

La sua uccisione non nacque da un mirato obiettivo politico ma da un tragico errore: mentre si trovava in auto in compagnia di un parente e di un familiare, nei pressi di un cimitero locale, venne raggiunto da colpi d’arma da fuoco esplosi in un agguato destinato ad altre persone coinvolte nella sanguinosa faida tra le cosche Facchineri e Raso-Albanese. Vinci rimase gravemente ferito e morì poco dopo in ospedale. La logica mafiosa, implacabile e indiscriminata, lo trasformò in vittima innocente.

Una reazione collettiva e la nascita della memoria antimafia

La morte di Ciccio Vinci suscitò una forte risposta civile: migliaia di giovani scesero in piazza a Cittanova in una manifestazione di opposizione alla mafia che segnò un momento storico per l’intera provincia. Il funerale divenne simbolo di una volontà di cambiamento, della presa di coscienza contro il silenzio dell’omertà e dell’inerzia istituzionale. Vinci divenne testimonianza vivente — anche nella sua assenza — della lotta contro la criminalità organizzata e dell’impegno dei giovani per la legalità.

Giustizia e ricordo: il lascito di una vita spezzata

Nel corso degli anni le indagini si sono concentrate sulla faida locale e sui responsabili dell’agguato: arresti, rinvii a giudizio e condanne hanno accompagnato il percorso della giustizia. Tuttavia la morte di Vinci resta anche emblema di ciò che accade quando una comunità non riesce a proteggere i suoi ragazzi più sensibili. Il suo sacrificio continua a essere ricordato nelle scuole, nelle associazioni e tra le vittime innocenti della ’ndrangheta, come monito per il presente e impegno per il futuro.

Il valore di una testimonianza giovanile

Ciccio Vinci non fu solo una vittima di mafia: rappresentò la speranza, la voce dei giovani che si rifiutavano di accettare il destino di rassegnazione. Il suo omicidio ci ricorda che anche in terra calabrese l’impegno civile può farsi precursore di cambiamento, e che la memoria è una delle armi più forti contro le mafie. La sua storia è più che cronaca: è una chiamata, ancora valida, a non lasciare che il silenzio vinca la verità.