L’Abbazia di Santa Maria del Patire: tra fede, arte e storia nella Sila Greca
Un gioiello bizantino‑normanno immerso nella natura, simbolo di cultura, spiritualità e radici profonde nel cuore della Calabria

L’Abbazia di Santa Maria del Patire, nota anche come Pathirion che si trova a Rossano, fu fondata intorno al 1095 dal monaco e sacerdote Bartolomeo da Simeri, con l’appoggio di nobili normanni. Era dedicata a Santa Maria Nuova Odigitria, ma il nome Patire, dal greco patèr (padre), ne ricorda il fondatore spirituale. Situata nella località Ronconiate, a circa 602 metri di altitudine, domina un pianoro tra la Valle del Cino e il Vallone degli Aranci, immersa nei boschi della Sila Greca, a ridosso dell'oasi dei Giganti di Cozzo del Pesco.
Centro religioso e culturale
In epoca normanna, l'Abbazia divenne uno dei monasteri più ricchi del Sud Italia, vero centro di vita spirituale, culturale ed economica. Dotata di una preziosa biblioteca e di uno scriptorium dove i monaci amanuensi trascrivevano manoscritti, molti di questi capolavori sono oggi conservati nella Biblioteca Vaticana e nell’abbazia di Grottaferrata.
Architettura e simboli artistici
L’edificio, espressione dell’arte bizantino‑normanna, presenta pianta basilicale latino-normanna con tre absidi rivolte a est e navate interne separate da colonne senza capitelli. La facciata, sobria e rimaneggiata, conserva un unico portale centrale, due rosoni e finestre laterali, mentre le absidi esterne si distinguono per le eleganti arcature policrome e gli oculi a stella.
Il prezioso mosaico musivo
All’interno si trova un mosaico pavimentale del XII secolo, raffigurante animali mitologici – grifone, leone, centauro e unicorno – inseriti ciascuno in una rota, con un’iscrizione latina che menziona l’abate Biagio, committente dell’opera.
Decadenza e trasformazioni
Dal XV secolo, l’Abbazia conobbe un lento declino, aggravato dai mutamenti istituzionali, dalle cattive condizioni dei monaci e dalle calamità, come terremoti e incendi. Nel 1806 fu soppresso dai francesi e venduto a privati locali, i quali sacrificarono molte opere artistiche – imprimendo così una cesura con il passato spirituale e culturale del sito. La chiesa resistette, mentre convento e campanile subirono gravi danni. Nel 1915 fu acquisito dallo Stato, divenendo bene demaniale. Attualmente spetta al Reparto Carabinieri Biodiversità di Cosenza la sua gestione.
Patrimonio e identità
Il complesso è oggi uno dei luoghi simbolo del patrimonio culturale calabrese. Il nome “Patire”, la sua collocazione tra natura e storia, l’architettura e le testimonianze artistiche ne fanno una meta imperdibile, custode di memoria, spiritualità e identità condivisa.