Paola, cinque telefoni cellulari trovati in cella: nuovo sequestro nel carcere
La Polizia Penitenziaria scopre dispositivi illeciti in possesso di un detenuto. Il Sappe denuncia: “Flusso continuo, servono strumenti concreti e più risorse per il personale”

Un nuovo sequestro di rilievo è stato compiuto all’interno della casa circondariale di Paola, dove la polizia penitenziaria ha rinvenuto cinque telefoni cellulari nascosti all’interno di una cella occupata da un detenuto di origini calabresi. Insieme ai telefoni, sono stati scoperti anche altri oggetti non consentiti. A darne notizia è il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), che ha colto l’occasione per esprimere apprezzamento per l’efficace operato del personale.
Panaro (Sappe): “Risultato frutto di impegno e professionalità”
“Un risultato che dimostra quanto sia fondamentale il lavoro silenzioso ma costante delle donne e degli uomini del Corpo”, ha dichiarato Salvatore Panaro, vicesegretario regionale del Sappe. Panaro ha posto l’accento sul valore dell’azione svolta nonostante le gravi carenze di organico che affliggono il reparto. “Il personale del Reparto di Paola – ha aggiunto – è un esempio concreto di dedizione e senso dello Stato”.
Capece: “Cellulari in carcere? Serve più tecnologia, non solo burocrazia”
Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che ha denunciato la diffusione allarmante dei cellulari nelle carceri italiane: “L’ingresso illecito di telefonini è ormai un flusso continuo. Lo diciamo da anni: servono misure serie, come la schermatura delle celle e rilevatori tecnologicamente adeguati”. Capece ha inoltre sottolineato l’assurdità dell’utilizzo dei dispositivi di rilevamento solo durante le prove d’esame del personale e non nelle sezioni detentive, dove sarebbero realmente utili.
Una legge c’è, ma il fenomeno non si arresta
La normativa oggi prevede una pena da uno a quattro anni per la detenzione e introduzione illecita di cellulari in carcere. Eppure, il fenomeno continua a dilagare. Il Sappe chiede che le istituzioni intervengano con risorse adeguate, strumenti efficaci e un maggiore rispetto per chi lavora ogni giorno per garantire legalità e sicurezza negli istituti penitenziari.
Il sindacato: “Serve una svolta vera”
“Non bastano le denunce, servono azioni concrete – conclude Capece –. Se vogliamo davvero tutelare la sicurezza delle carceri italiane e sostenere chi vi lavora con sacrificio e senso del dovere, dobbiamo dotarli degli strumenti giusti. Prima che sia troppo tardi”.