Un imprenditore made in Reggio Calabria, trapiantato a Vinci (Firenze) ma con radici ben piantate nella terra dello Stretto, è finito al centro di una maxi-confisca da 300mila euro. A eseguire il provvedimento sono stati i militari della Guardia di Finanza, in seguito a una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, confermata anche dalla Cassazione. Non proprio un dettaglio da poco, vista la portata dei reati contestati: associazione per delinquere, estorsione, usura, riciclaggio, fatture false, e – naturalmente – il metodo mafioso con finalità di agevolare la 'ndrangheta.

Un reggino in Toscana: affari in pelle e legami d'acciaio

L’uomo, operante nel settore della lavorazione di pelle e cuoio, era considerato il “trait d’union” – come lo definiscono gli inquirenti – tra certi imprenditori toscani e personaggi calabresi segnalati come appartenenti o vicini alla ’ndrangheta. Tradotto: una figura chiave, un ponte tra il mondo degli affari puliti (in apparenza) e quello dell’economia criminale che sa come infilarsi ovunque. E anche se la sua responsabilità penale sarà accertata in sede processuale, per ora gli è già stata cucita addosso l’etichetta di "pericoloso socialmente".

Conti correnti, Tenerife e intestazioni farlocche: il classico copione

L’indagine, condotta dalle Fiamme Gialle, ha messo in luce una sproporzione evidente tra i redditi dichiarati dall'imprenditore e il patrimonio accumulato – roba da far impallidire anche il più spregiudicato dei commercialisti. I soldi, secondo gli investigatori, venivano schermati con la classica tecnica dell’intestazione fittizia. Ma il colpo di scena arriva con l’orizzonte atlantico: tra i beni confiscati spicca un appartamento a Tenerife, probabilmente meta preferita per una pensione dorata... interrotta dalle toghe.

La giustizia non ha confini (soprattutto per chi ha una casa alle Canarie)

Il provvedimento di confisca ha ottenuto il via libera anche dal Tribunale di Santa Cruz de Tenerife, su istanza della Procura generale di Firenze. Una collaborazione internazionale che mostra come la criminalità organizzata calabrese non conosca confini, ma nemmeno la giustizia. Ora i beni, come previsto, passeranno sotto la gestione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Dalla Calabria con furbizia: un modello criminale che si reinventa

La notizia mette ancora una volta in risalto la capacità camaleontica della 'ndrangheta calabrese: meno lupare, più fatture false; meno faide e più pelle e cuoio. Ma sempre con lo stesso obiettivo: infiltrarsi, fare affari e rendere legale l’illegale. E se per farlo serve un imprenditore insospettabile cresciuto tra le colline reggine, il salto da Gioia Tauro a Tenerife sembra breve come un volo low cost.

Chi è l'imprenditore

I beni, in esecuzione della sentenza della Corte di Cassazione, sono stati confiscati a Cosma Damiano Stellitano, 60 anni, imprenditore originario della provincia di Reggio Calabria residente a Vinci (Firenze), operante nel settore delle pelli e del cuoio.

Dalle indagini è emerso che tra il 2008 e il 2017 i redditi dichiarati dall'uomo si attestano formalmente sui 15.000euro, e la sproporzione calcolata nello stesso periodo è di circa 525.000 euro. L'appartamento a Tenerife e i conti correnti riconducibili all'imprenditore Cosma Damiano Stellitano saranno ora gestiti dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.