Domenico Oppedisano
Domenico Oppedisano

Domenico Oppedisano resta una figura simbolica nella storia criminale italiana: il “contadino capo-crimine” che, con discrezione e autorità, governava il mosaico mafioso calabrese. Il suo arresto ha rappresentato una svolta nelle strategie investigative dello Stato contro una struttura organizzata e silenziosa, ma di potere globale.

Un uomo fuori dal radar delle forze dell’ordine

Fino al 2008 Domenico Oppedisano, nato a Rosarno nel 1930, conduceva una vita apparentemente modesta, vendendo frutta con il suo Ape per le strade della Sila. Poche indagini lo avevano incrociato. Tuttavia, dietro questa immagine si cela la figura di uno degli uomini più influenti della ’ndrangheta regionale.

L’ascesa al vertice: la nomina simbolica al Polsi

Ad agosto 2009 la sua elezione a capo-crimine, ovvero guida cerimoniale della “Provincia” della ’ndrangheta, avviene durante un sontuoso matrimonio celebrato al Santuario della Madonna di Polsi, con oltre duemila affiliati presenti. La scelta fu resa possibile da un accordo fra clan storici e rappresenta il culmine di un compromesso fra le cosche di San Luca e Rosarno.

Il ruolo di mediatore: dalla pace tra clan alla spartizione degli appalti

Oppedisano non era un boss violento, ma un artigiano del consenso. Decano della struttura criminale, emerge come mediatore tra clan in conflitto e punto di riferimento per l’attribuzione di appalti pubblici, specialmente legati all’Expo 2015. Le intercettazioni lo ritraggono come interlocutore attento: “quando fai una proposta, ascolti gli altri per capire cosa ne pensano”, era solito dire ai confratelli.

L’arresto dell’ottantenne e il maxi-blitz del 2010

Nell’ambito dell'operazione “Crimine”, conclusasi il 13 luglio 2010, furono arrestate 300 persone in tutta Italia e sequestrati beni per milioni. Tra gli arrestati spicca Oppedisano, 80 anni, ritenuto il vero capo dell’organizzazione mafiosa calabrese: la “Provincia” che unisce i mandamenti jonico, tirrenico e reggino, ormai espansa anche in Lombardia.

Condanna emblematica: dieci anni per il guida della ’ndrangheta

Il processo “Crimine”, celebrato a Reggio Calabria, ha portato alla condanna di Domenico Oppedisano a dieci anni di reclusione, senza riconoscergli l’aggravante della transnazionalità. Il tribunale lo descrive come il “custode delle regole” della ‘ndrangheta, un vertice morale e istituzionale del circuito criminale calabrese.