Giuseppe Tizian, bancario ucciso a Locri e simbolo della lotta alla ’ndrangheta
Il funzionario bancario di 36 anni venne assassinato in un agguato lungo la statale 106
Era il lunedì 23 ottobre 1989 quando Giuseppe “Peppe” Tizian, 36 anni, funzionario della Banca Monte dei Paschi di Siena nella sede di Locri, fu assassinato mentre rientrava a casa. Era alla guida della sua Fiat Panda lungo la statale 106, tra Locri e Bovalino, quando venne colpito a morte dal fuoco di un fucile a canne mozze. Il giovane bancario viaggiava in un tratto che conosceva bene: erano pochi i minuti che lo separavano dalla sua abitazione. Il delitto scatenò immediatamente l’ipotesi che fosse opera della criminalità organizzata locale, che avrebbe voluto punire chi si rifiutava di piegarsi ai suoi condizionamenti.
Le indagini e il silenzio degli anni
Nonostante l’immediato intervento delle forze dell’ordine e l’avvio dell’inchiesta, le indagini sulla morte di Tizian non sono mai giunte a una conclusione definitiva. Diverse piste furono esplorate, tra cui quella bancaria legata a prestiti e operazioni sospette, ma nessun colpevole venne accertato. Tizian era considerato “un funzionario integerrimo” dai colleghi, un professionista che si muoveva con correttezza e trasparenza. Eppure la sua onestà, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stata proprio il movente del suo assassinio. Negli anni successivi la vicenda è diventata emblema della “vittima innocente” delle mafie calabresi, un uomo che aveva scelto di fare il proprio lavoro senza compromessi in una terra ad alto rischio.
Significato simbolico della vicenda
La storia di Tizian rappresenta una ferita aperta per la regione e per tutti coloro che intendono contrapporsi alle logiche della ’ndrangheta. Non è solo il fatto che un uomo onesto abbia perso la vita, ma che ciò sia accaduto nel gesto quotidiano di tornare a casa. Il suo omicidio espresso la potenza intimidatoria della criminalità organizzata: colpire nel luogo ordinario, nella routine di un lavoratore che cercava di rallegrare la propria famiglia.
La vicenda ha suscitato riflessioni profonde sulle responsabilità dello Stato, sul ruolo delle istituzioni e sulla necessità di una memoria collettiva che non lasci cadere nel dimenticatoio chi ha pagato con la vita la scelta della legalità.
Memoria e ricerca di giustizia
Il figlio di Tizian, diventato giornalista, ha portato avanti per anni la storia del padre come testimonianza e impegno civile. Sono state promosse iniziative, eventi e murales che intendono mantenere viva la memoria e far emergere il bisogno di verità. Tuttavia, l’assenza di una verità giudiziaria completa lascia ancora un vuoto nella comunità e nella famiglia. La morte di Tizian non può rimanere solo una cronaca: deve diventare simbolo di una responsabilità condivisa e della lotta quotidiana contro le mafie.