Omicidi di 'ndrangheta: il caso di Angela Costantino, sparita nel nulla perché amava un altro
Sposa 16enne di Pietro Lo Giudice, figlio del capocosca reggino alla fine degli anni '80, Angela sparisce nel nulla e uccisa. La sua colpa? Essersi innamorata
La sposa 16enne del boss
Angela Costantino, nata a Reggio Calabria, era poco più che una bambina quando, a soli 16 anni, fu costretta a sposarsi. La sua vita sembrava già segnata: a 25 anni era madre di quattro figli e viveva sotto l’ombra della potente famiglia Lo Giudice, una delle ‘ndrine più influenti nel territorio reggino. Suo marito, Pietro Lo Giudice, non era un uomo qualunque: figlio del capocosca Giuseppe Lo Giudice, assassinato nel giugno del 1990 nel suo luogo di soggiorno obbligato alle porte di Roma, Pietro era parte integrante di un clan che aveva il controllo del quartiere “Santa Caterina” di Reggio Calabria. Questa zona fu epicentro della seconda guerra di ‘ndrangheta, un conflitto sanguinoso che tra il 1985 e il 1991 causò centinaia di morti.
Tuttavia, il matrimonio di Angela non fu solo segnato dalla violenza ambientale ma anche da una profonda infelicità personale. Mentre Pietro Lo Giudice scontava una lunga condanna in carcere senza prospettive di libertà, Angela commise quello che il clan considerò un errore imperdonabile: si innamorò di un altro uomo. La relazione, nata probabilmente come un disperato tentativo di cercare felicità in una vita oppressiva, si trasformò in una condanna a morte.
Amare un altro, la sua condanna a morte
Non passò molto tempo prima che i Lo Giudice scoprissero la relazione extraconiugale di Angela. Il clan, attento a ogni dettaglio che potesse minacciare la propria immagine e il proprio controllo, iniziò a pedinarla e a minacciarla. Quando vennero a sapere che la donna era rimasta incinta del suo amante, il loro senso distorto dell’“onore” li spinse ad agire. Angela fu costretta ad abortire, un atto brutale che, però, non fu sufficiente a placare la furia dei Lo Giudice. La sua colpa, agli occhi del clan, era un “disonore” troppo grande da tollerare. La vendetta arrivò con la massima severità: Angela scomparve il 16 marzo 1994. Di lei non si seppe più nulla, a eccezione della sua Fiat Panda, ritrovata abbandonata a Villa San Giovanni.
Angela sparisce nel nulla: la verità emerge dopo vent'anni
Per quasi due decenni, la storia di Angela Costantino rimase avvolta nel silenzio e nell’omertà, un destino comune a molte vittime della criminalità organizzata. La svolta arrivò solo nell’aprile del 2012, quando i fratelli Maurizio e Nino Lo Giudice, divenuti collaboratori di giustizia, iniziarono a rivelare agli inquirenti i segreti del clan. Fu grazie alle loro dichiarazioni che gli investigatori riuscirono a ricostruire il terribile destino di Angela e a identificare i responsabili della sua morte.
L'assassinio “accordato”
Secondo le testimonianze, Angela fu assassinata in seguito a un “accordo di famiglia” tra i membri del clan per lavare con il sangue quello che consideravano un affronto al loro onore. La responsabilità dell’omicidio ricadde su Vincenzo Lo Giudice, uno dei capi della ‘ndrina, su Bruno Stilo, cognato di Angela, e su Fortunato Pennestrì, nipote della donna. Le indagini portarono all’arresto di 12 persone nel corso di un’operazione che segnò un duro colpo per la cosca.
I tre principali responsabili furono condannati a 30 anni di carcere per l’omicidio di Angela Costantino. Tuttavia, rimane il dolore per una tragedia che avrebbe potuto essere evitata. La storia di Angela è diventata simbolo della crudeltà della ‘ndrangheta e del prezzo che spesso pagano le donne in contesti dominati da violenza, controllo patriarcale e logiche criminali.