L’estate 2025 sta per chiudere i battenti, eppure le immagini che arrivano dalle coste calabresi raccontano una verità difficile da ignorare. Come redazione di Calabria News 24 riceviamo segnalazioni ogni giorno, ma stavolta non si tratta solo di lettere dei lettori: basta guardare con i propri occhi per capire.

La Calabria, terra di mare e di bellezza, porta ancora sulle proprie spalle le cicatrici di un abusivismo edilizio dilagante che ha segnato interi decenni.

Negli anni in cui “bastava una firma” per tirare su un piano in più, o addirittura una casa intera, la corsa era a chi costruiva più vicino possibile all’acqua. Non un lungomare attrezzato, ma una fila di palazzine a pochi metri dall’onda. Oggi, quelle stesse case si ritrovano letteralmente invase dal mare, simbolo amaro di una scelta scellerata.


“Nelle case ci entra il mare”

La frase non è una metafora poetica: è la fotografia reale della condizione di tanti edifici costruiti negli anni ’70 e ’80 senza criterio, troppo vicini alla battigia.

Il cambiamento climatico, l’erosione costiera e l’innalzamento del livello del mare hanno fatto il resto: oggi quelle abitazioni non sono più rifugi estivi, ma gusci vuoti, pericolanti e invivibili.

È successo in più punti della costa ionica e tirrenica:

A Schiavonea di Corigliano-Rossano, alcune strutture costruite a pochi metri dal mare sono ormai circondate dall’acqua nei giorni di mareggiata.

A Belvedere Marittimo e a San Lucido, pezzi di abitazioni hanno ceduto dopo anni di erosione mai contrastata.

In zona Soverato e lungo la costa ionica reggina, villaggi turistici chiusi da anni si riducono a rovine, relitti di un Titanic edilizio.


Le fabbriche fantasma sul mare

E non si tratta solo di case private.

La Calabria convive anche con l’assurdità di aree industriali dismesse a pochi metri dalla spiaggia. Fabbriche nate negli anni del boom economico, quando nessuno si preoccupava di vincoli paesaggistici o ambientali, e che oggi restano lì: scheletri di cemento arrugginito, con terreni inquinati e bonifiche mai fatte.

Il caso più eclatante?

A Saline Joniche (RC) sorge l’ex Liquichimica, un complesso industriale abbandonato negli anni ’80, rimasto a testimoniare una promessa di sviluppo mai mantenuta.

A Torre del Cupo, a Corigliano-Rossano, aree artigianali sorte a ridosso del mare restano abbandonate e in degrado.

Persino in zone turistiche come il litorale di Lamezia Terme, non mancano ruderi di stabilimenti mai utilizzati, corrosi dal tempo e dal sale.


Il mare che chiede giustizia

Le coste calabresi oggi piangono gli abusi del passato. E non si tratta solo di brutte cicatrici estetiche: sono bombe ecologiche e urbanistiche.

Case invase dal mare,

Aree industriali da bonificare,

Ruderi che spezzano la continuità di spiagge che altrimenti sarebbero gioielli turistici.

La metafora è amara ma reale: il mare, che un tempo era visto come un vicino di casa da cui “rubare spazio”, oggi si riprende ciò che gli è stato tolto, entrando dentro quelle stesse case e riducendo a rovine i sogni di chi credeva di sfidare la natura con il cemento.


Ci sarà mai una vera bonifica delle coste?

La domanda resta sospesa.

I piani di demolizione esistono da decenni, le ordinanze di abbattimento si accumulano negli uffici comunali, ma gli scheletri restano lì, a ricordare che la Calabria ha perso più volte la sfida con la legalità e con la tutela del paesaggio.

Eppure, senza una bonifica vera – delle case abusive e delle aree industriali fantasma – sarà difficile parlare di:

Turismo di qualità,

Sviluppo sostenibile,

Un futuro diverso.

Perché la Calabria, terra di mare e cultura, non può più permettersi di nascondere sotto la sabbia i fantasmi del cemento.