Lo scoiattolo nero meridionale, il segreto dei boschi calabro-lucani
Una specie antichissima sopravvissuta all’ultima glaciazione che oggi popola Calabria e Basilicata, simbolo di adattamento e biodiversità mediterranea
Negli ultimi anni, gli avvistamenti dello scoiattolo nero meridionale sono diventati sempre più frequenti nei boschi e persino lungo i litorali di Calabria e Basilicata. Un tempo confinato alle aree montane del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte, tra i 600 e i 1500 metri di altitudine, oggi questo curioso roditore ha esteso il proprio habitat, spingendosi anche verso zone pianeggianti e costiere. Una diffusione inaspettata, soprattutto perché si tratta di una specie che predilige climi freschi e umidi, e che teoricamente dovrebbe evitare le temperature elevate registrate negli ultimi anni. Eppure, la sua capacità di adattamento sembra sfidare le regole della natura.
Un tesoro della biodiversità mediterranea
Lo scoiattolo nero meridionale, endemico delle regioni calabro-lucane, è un simbolo della ricchezza naturalistica del Sud Italia. Si distingue per il manto scuro e lucente, con il ventre bianco, e per una corporatura più robusta rispetto allo scoiattolo comune. Ma ciò che lo rende davvero unico è la sua storia evolutiva: studi genetici condotti nel 2017 dall’Università dell’Insubria hanno dimostrato che non si tratta di una semplice sottospecie, ma di una specie autonoma, battezzata Sciurus meridionalis. Un’intuizione che il naturalista calabrese Armando Lucifero aveva già avanzato nei primi decenni del Novecento, intuendo l’eccezionalità di questo animale rispetto ai suoi simili europei.
Un’eredità dell’ultima glaciazione
Le origini dello scoiattolo nero meridionale restano avvolte nel mistero. Secondo gli studiosi, la specie sarebbe rimasta isolata durante l’ultima glaciazione nelle aree boschive del Sud Italia, sviluppando caratteristiche proprie per sopravvivere alle mutate condizioni ambientali. Un percorso evolutivo che lo accomuna alla bramea del Vulture, rara falena lucana sopravvissuta anch’essa alle ere glaciali. L’area compresa tra Calabria e Basilicata si conferma così un vero rifugio naturale, una sorta di “arca di Noè” ecologica che nei secoli ha custodito e protetto specie uniche, testimoni silenziosi della resilienza della biodiversità mediterranea.