Gusto Ribelle: Artigianale un corno. Quando l’etichetta mente e la legge tace
Si tratta di un vero e proprio inganno legalizzato a scapito dei consumatori

Dietro ogni confezione patinata c'è una verità che non si legge. E se la confezione parla di “fatto a mano”, “senza zuccheri”, “100% naturale”, il contenuto racconta un'altra storia: quella degli additivi, degli aromi artificiali, e di percentuali minime dell’ingrediente che dà il nome al prodotto. Non è solo marketing: è inganno legalizzato.
I finti slogan
Molti prodotti vantano in etichetta ingredienti che, nella lista reale, compaiono in quantità irrisoria o sono del tutto assenti. Yogurt alla frutta che contengono solo aroma, barrette ai frutti rossi che usano mela colorata, e quando l’ingrediente principale è presente, la percentuale è spesso nascosta o omessa. Alcuni prodotti si dichiarano “senza zuccheri aggiunti”, ma sono addolciti con succo d’uva o concentrati. Altri sono etichettati come “senza conservanti”, ma usano ingredienti naturalmente conservanti che non richiedono dichiarazione. Slogan come “fatto a mano” possono nascondere processi automatizzati, con intervento umano simbolico.
I prodotti per bambini non fanno eccezione. Confezioni colorate, prive di indicazioni chiare sul profilo nutrizionale, contengono zuccheri, aromi, edulcoranti e additivi. Più della metà della pubblicità rivolta ai minori promuove prodotti che non rispettano standard di qualità nutrizionale accettabili.
Additivi negli alimenti industriali
Molti alimenti industriali contengono da due a sei additivi, con punte fino a tredici. Tra questi si trovano nitriti, carragenina, polifosfati. Un adulto può ingerire ogni anno diversi chili di additivi alimentari, mentre alternative senza additivi, più costose e meno visibili sugli scaffali, vengono marginalizzate.
Altri esempi di inganno: ravioli al ragù con il 4% di carne, bastoncini di pesce con meno del 35% di filetto, burger vegetali con solo il 12% di contenuto vegetale. La legge non impone soglie minime, permettendo l'uso di nomi e immagini fuorvianti.
Anche le indicazioni sull'origine sono ambigue. Un pacco tricolore può contenere grano straniero, olio non italiano, carne da chissà dove. L'etichetta può limitarsi a un generico “UE/non UE”, e la legge consente questa opacità.
Un linguaggio ingannevole
Chi acquista in Italia si trova così davanti a un linguaggio ingannevole, dove il fronte della confezione racconta una versione idealizzata e il retro nasconde la verità. Le etichette diventano strumenti per vendere, non per informare.
Il problema è anche sistemico. La Corte dei Conti Europea, nel suo rapporto del 2024, ha denunciato un quadro giuridico lacunoso e datato. Su undici aggiornamenti previsti per la normativa UE sull’informazione alimentare, solo quattro sono stati attuati. Mancano profili nutrizionali di riferimento che impediscano alle aziende di usare slogan salutistici su prodotti pieni di zuccheri o grassi. Oltre 2.000 indicazioni salutistiche riferite a sostanze vegetali sono in sospeso da oltre un decennio. Non esiste un sistema armonizzato di etichettatura nutrizionale frontale, e i termini come “naturale”, “artigianale”, “fresco” restano indefiniti.
Supermercato come campo di battaglia
I controlli si limitano alle informazioni obbligatorie e ignorano quelle volontarie. Le sanzioni, quando applicate, sono modeste. In molti casi, i procedimenti giudiziari si concludono con l’archiviazione. Intanto, anche il commercio online sfugge a qualsiasi controllo strutturato.
In questo scenario, leggere l'etichetta non basta. Serve allenamento a decifrare, senso critico e tempo. Ma chi fa la spesa in fretta, chi si affida a immagini rassicuranti, chi crede ancora nella promessa di un prodotto semplice e vero, finisce spesso intrappolato in un racconto costruito a tavolino.
Il supermercato è diventato il campo di battaglia tra realtà e apparenza. Il vero artigianale, la vera trasparenza e il vero prodotto sano non si trovano con uno slogan. Si scoprono con consapevolezza. Perché oggi la spesa è un atto di autodifesa. E il marketing, almeno per ora, sta vincendo.