Padre fedele

Dopo anni di calunnie, battaglie giudiziarie e un doloroso silenzio da parte delle istituzioni, Padre Fedele Bisceglia è stato assolto. La verità è scritta nei documenti: giuridicamente innocente, moralmente segnato, ma ancora oggi lontano dall’opera che più lo rappresenta — l’Oasi Francescana di Cosenza, fondata per accogliere poveri, immigrati, senza tetto, anime fragili. Un’opera diventata riferimento per l’intera città. Eppure, quella casa oggi non è più sua. Strappatagli nel momento del massimo dolore, è rimasta simbolo di un’esclusione che continua, nonostante l’innocenza riconosciuta. Per questo oggi qualcuno rilancia una proposta concreta e civile: restituirgli la guida morale dell’Oasi Francescana, almeno in forma simbolica. Un atto che non chiede vendetta, ma dignità. Un modo per dire a un uomo che ha speso la sua vita per gli ultimi: “Non sei stato dimenticato”.

Dal dolore al servizio: il Paradiso dei Poveri, rifugio e missione

Privato dell’Oasi, Padre Fedele non si è fermato. Ha costruito, nel silenzio e nella sofferenza, un’altra casa: il Paradiso dei Poveri, a Timpone degli Ulivi, in un angolo di Calabria che guarda verso Donnici. Un luogo autentico, privo di clamore, dove oggi continua a ospitare bambini, poveri, famiglie in difficoltà. È lì che vive, con la stessa dedizione di sempre, mentre il suo corpo si fa più fragile ma il cuore resta saldo. Eppure, il senso di ciò che ha perso non si spegne. L’Oasi è la sua ferita aperta, la sua casa negata. Per questo l’idea di affidargli nuovamente — anche solo a titolo onorario o consultivo — la guida dell’Oasi Francescana è oggi più che mai un dovere morale. Non solo per restituirgli un pezzo di sé, ma per rilanciare un’opera che rischia di appassire senza la sua anima.

Un appello civile ed ecclesiale: il tempo della restituzione

Padre Fedele non può ancora celebrare Messa. La Chiesa lo ha escluso dai riti, e questo è per lui un dolore profondo. Ma ancora più grave è l’assenza di una missione riconosciuta. Dopo l’assoluzione, ci si aspettava un gesto di apertura, di riconciliazione. Quel gesto non è arrivato. Restituirgli oggi la guida dell’Oasi Francescana non è solo una proposta sociale, ma una chiamata alla coscienza collettiva. Un invito alla Chiesa, al Comune, alla società civile, affinché trasformino la giustizia riparativa da principio teorico in azione concreta. In un mondo che ha dimenticato i poveri, riaccendere la voce di chi li ha sempre serviti è un dovere. E se all’altare ecclesiale Padre Fedele non può ancora tornare, all’altare della solidarietà non può più essere impedito di presiedere. Il luogo giusto per cominciare? L’Oasi che lui stesso ha sognato, costruito e amato.