‘Ndrangheta, tre ergastoli e una condanna a 18 anni nel processo “Aemilia 92”
La Corte d’Appello di Bologna conferma il ruolo dei clan Grande Aracri e Ciampà negli omicidi di Vasapollo e Ruggiero

Tre ergastoli e una condanna a 18 anni. È questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna nel processo d’appello bis “Aemilia 92”, legato a due omicidi di ’ndrangheta avvenuti tra il settembre e l’ottobre del 1992 nel Nord Italia, ma con radici profonde nella criminalità organizzata calabrese.
Le condanne all’ergastolo sono state inflitte a Nicolino Grande Aracri, boss di Cutro e figura centrale della consorteria crotonese, ad Angelo Greco (già detenuto a Cagliari) e ad Antonio Ciampà. Il quarto imputato, Antonio Lerose, difeso dall’avvocato Milena Micele, è stato invece condannato a 18 anni di reclusione, avendo ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche, considerate prevalenti sulle aggravanti.
Gli omicidi di Vasapollo e Ruggiero
Il processo riguarda gli assassinii di Nicola Vasapollo, ucciso a Reggio Emilia, e di Giuseppe Ruggiero, freddato a Brescello mentre si trovava ai domiciliari. Entrambi vennero eliminati con modalità efferate nel pieno della faida tra le famiglie Vasapollo-Ruggiero e quelle Dragone-Grande Aracri-Ciampà, che all’inizio degli anni Novanta si contendevano il controllo delle attività criminali e dei traffici illeciti tra Calabria ed Emilia.
Ruggiero fu assassinato da un commando travestito da carabinieri, un dettaglio che rivelò fin da subito l’organizzazione e la spregiudicatezza del gruppo omicida. Vasapollo, invece, venne raggiunto e ucciso nella sua abitazione a Reggio Emilia, in un’esecuzione che portava il marchio tipico delle faide di ’ndrangheta: colpi precisi, silenzio e un messaggio di dominio.
La lunga battaglia giudiziaria
La Procura generale, rappresentata dalla sostituta pg Silvia Marzocchi e dalla pm della Dda Beatrice Ronchi, aveva chiesto quattro ergastoli. Dopo anni di indagini, rinvii e processi, la Corte d’Appello ha ora confermato la responsabilità piena dei vertici del clan Grande Aracri e dei suoi alleati, restituendo una verità giudiziaria a due omicidi che per anni avevano rappresentato un nodo irrisolto nelle trame della ’ndrangheta emiliana.
Tra le parti civili, il Comune di Brescello – primo municipio sciolto per infiltrazioni mafiose nel Nord Italia – ha ottenuto una provvisionale di 20mila euro, riconoscimento simbolico ma significativo per una comunità che ha pagato un prezzo alto all’espansione della criminalità organizzata.
Una sentenza che chiude un capitolo di sangue
Con la decisione della Corte d’Appello di Bologna si chiude un capitolo della storia criminale che ha segnato profondamente la presenza della ’ndrangheta fuori dai confini calabresi.
Il processo “Aemilia 92” conferma ancora una volta quanto la rete mafiosa calabrese avesse già radicato, nei primi anni Novanta, interessi economici e relazioni criminali nel Nord Italia, costruendo alleanze e replicando le stesse dinamiche di potere e violenza che ne caratterizzano l’azione in patria.
Una sentenza che, pur arrivando dopo più di trent’anni, restituisce giustizia alle vittime e conferma l’impegno della magistratura nel colpire la criminalità organizzata anche nelle sue proiezioni più lontane dal territorio d’origine.