Nicola Calipari
Nicola Calipari

Nicola Calipari incarna la sintesi tra l’etica della Calabria più autentica e una missione internazionale di portata storica. I suoi primi anni tra gli scout dell’Aspromonte, le battaglie contro la mafia locale e il coraggio in Iraq fanno di lui un simbolo di integrità — un calabrese che ha saputo servire lo Stato fino all’estremo sacrificio.

Origini calabresi e formazione scout

Nato a Reggio Calabria il 23 giugno 1953, Nicola Calipari cresce in una famiglia radicata nel territorio e muove i primi passi nel mondo scout, entrando nel reparto “Aspromonte” dell’Asci. Qui apprende valori fondamentali come servizio, altruismo e disciplina, che lo accompagneranno in tutta la carriera.

Prima carriera nella polizia calabrese

All’inizio degli anni ’80, Calipari lavora nella Squadra Mobile di Cosenza dove si distingue per il contrasto alla ‘ndrangheta. Negli stessi anni, nel 1988, compie una missione in Australia per collaborare con le autorità nel monitoraggio delle attività mafiose. Queste esperienze nel cuore della Calabria contribuiscono a plasmare il suo senso del dovere e della giustizia.

Trionfi e sacrificio sul piano internazionale

Dopo un’esperienza di rilievo a Roma, entra nel Sismi nel 2002 e assume ruoli di alta responsabilità nelle operazioni in Iraq. Tra il 2004 e il 2005, guida trattative decisive per il rilascio delle cooperanti Simona Pari e Simona Torretta, e successivamente per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena. È proprio per salvare quest’ultima che, il 4 marzo 2005, viene colpito da un proiettile alla testa a un posto di blocco americano sulla “Route Irish”.

“Il Nibbio”: il codice, il film, la memoria

Nel Sismi viene chiamato “Nibbio”, il rapace dell’Aspromonte che rappresenta il legame tra la sua Calabria e il suo ruolo in intelligence. Vent’anni dopo la sua morte, nel marzo 2025, il film Il Nibbio racconta le vicende di quei giorni, riportando alla luce i valori umani e istituzionali vissuti da Calipari.

Il ricordo che resta in Calabria

Trent’anni dopo, la sua terra natale continua a onorarlo. Il Consiglio regionale della Calabria intitola a lui l’auditorium di Palazzo Campanella, mentre le istituzioni locali ricordano l’uomo che ha speso la sua vita “in nome dello Stato e dei suoi principi più alti”. Il suo sacrificio, radicato nella cultura e nei luoghi calabresi, resta un esempio per le nuove generazioni.