Roghudi, tra borgo fantasma e comunità nuova: il testimone della Calabria greca
Quel che resta di un antico insediamento montano e la vita che ha trovato rifugio sulla costa ionica

Il Comune di Roghudi, in provincia di Reggio Calabria, ha una configurazione insolita: è composto da due parti distinte che non confinano tra loro, separate da un tratto di territorio di decine di chilometri. La parte più nota è Roghudi Vecchio, arroccata sulle pendici dell’Aspromonte, ormai in gran parte abbandonata. La parte più vivibile è Roghudi Nuovo, sorta nel 1973 nei pressi della costa ionica, che oggi ospita il centro amministrativo e gran parte della popolazione. Questa separazione fisica e storica rende Roghudi un caso emblematico dei mutamenti sociali e territoriali che hanno colpito i borghi calabresi.
Radici greche e vicissitudini idrogeologiche
Le origini di Roghudi Vecchio risalgono al Medioevo e la vocazione grecanica – ovvero il rapporto con la lingua greca calabrese – ha sempre contraddistinto questo borgo. Nel corso dei secoli, Roghudi è vissuto di pastorizia, coltivazioni di montagna e della continuità della cultura grecanica. Tuttavia, nel 1971 e nel 1973, due violente alluvioni dell’Amendolea distrussero gran parte delle abitazioni e resero inagibile l’antico insediamento. Di conseguenza, la popolazione fu evacuata e trasferita nei territori più sicuri lungo la costa, dando vita a Roghudi Nuovo.
Roghudi Vecchio: resti, leggende e suggestione
Oggi Roghudi Vecchio si presenta come un borgo fantasma: case abbandonate, vie deserte, il silenzio domina gli spazi un tempo vivi. Camminando tra i ruderi, si percepiscono i segni delle vite che qui passarono: le scale, le porte consunte, i muri diroccati e la piccola chiesa ancora visibile. Il borgo conserva un fascino immobile, sospeso tra memoria e mito. Numerose leggende circondano il luogo: si narra della naràda (donne dai piedi simili a zoccoli che attiravano gli incauti verso le gole del fiume), delle formazioni rocciose “Rocca tu Dracu” e delle “Caldaie del Latte”, che evocano draghi e tesori nascosti. Questi racconti, custoditi nella tradizione orale, contribuiscono a rendere Roghudi una meta affascinante per chi cerca luoghi del tempo fermo e del mistero.
Roghudi Nuovo e il tentativo di rinascita
Roghudi Nuovo è sorta come risposta al disastro naturale, ma anche come tentativo di preservare l’identità e la comunità del borgo storico. Pur tra difficoltà, è oggi il fulcro della vita civile: qui si trovano il municipio, le scuole e i servizi essenziali. Molti degli abitanti del comune risiedono qui, continuando a coltivare il legame con le tradizioni grecaniche e il senso di appartenenza al territorio. La posizione costiera rende Roghudi Nuovo più accessibile e collegata, sebbene resti isolata rispetto al borgo montano abbandonato.
Tra memoria, turismo e sfide del futuro
Roghudi rappresenta un microcosmo delle dinamiche che interessano molti piccoli borghi calabresi: spopolamento, rischio idrogeologico, difficoltà infrastrutturali. Ma offre anche un patrimonio culturale da valorizzare: la lingua grecanica, la mitologia locale, i paesaggi aspromontani e le leggende che affiorano tra le pietre. Il turismo lento, il trekking nei sentieri di Roghudi Vecchio, le escursioni nelle gole dell’Amendolea e la promozione del borgo come “paese sospeso nel tempo” possono aprire nuove strade di rinascita.
Se i progetti di recupero, tutela e valorizzazione riescono ad accompagnare la memoria con la concretezza, Roghudi potrebbe trasformare la sua condizione magica e dolente in un faro per chi crede nella bellezza che resiste.