La sesta indagine nazionale dell’Agenzia Italiana per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), pubblicata nel 2024, fotografa un’Italia divisa in due quando si parla di cure oncologiche. Mentre le regioni del Nord – come Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte – si distinguono per reti oncologiche efficienti, tempestive e vicine al cittadino, in Calabria la situazione resta critica.

Nella nostra regione, infatti, l’integrazione tra ospedale e territorio è ancora gravemente carente. La conseguenza? L’accesso ai trattamenti, come chemioterapia e radioterapia, è limitato e spesso distante centinaia di chilometri dal domicilio del paziente.

La "lotteria della residenza": stessa malattia, cure diverse

Uno degli aspetti più allarmanti emersi dal report Agenas riguarda la disomogeneità nell’accesso alle cure tra le Regioni. Due pazienti con la stessa diagnosi oncologica – per esempio un tumore al seno o al colon – possono ricevere trattamenti completamente diversi solo in base al luogo in cui vivono.

In Calabria, così come in Molise, Marche, Basilicata e Sardegna, la mobilità sanitaria in uscita è elevata. I pazienti spesso sono costretti a spostarsi fuori regione per ricevere cure adeguate, perché il sistema non è in grado di rispondere efficacemente alla domanda interna.

Prossimità delle cure: un miraggio al Sud

L’indagine Agenas ha analizzato la gestione dei sette tumori più diffusi (mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaio e utero) prendendo in esame parametri cruciali: il numero di ricoveri entro 30 giorni dalla prenotazione, e la disponibilità di cure oncologiche (chemioterapia e radioterapia) entro 60 minuti o 100 km dalla residenza.

In Calabria, tali standard risultano lontani dalla realtà. Il cittadino oncologico calabrese non solo affronta una malattia grave, ma anche una corsa a ostacoli fatta di attese, distanze e burocrazia.

Dove funziona e dove no: il gap strutturale

La fotografia nazionale evidenzia che solo poche Regioni sono “totalmente performanti”: Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio hanno costruito reti solide, che garantiscono la presa in carico tempestiva e vicina al paziente.

In Regioni come la Lombardia o il Friuli-Venezia Giulia, la qualità è invece legata a singoli centri d’eccellenza, ma non a una reale rete integrata. La Calabria, invece, resta indietro su entrambi i fronti: mancano sia la rete, sia i poli di riferimento accessibili.

Calabria, ancora una volta “da supportare”

Nel rapporto Agenas si legge chiaramente: “Rimangono da supportare Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna, in cui appaiono evidenti, anche dalla mobilità e dall’incompleta risposta alla domanda interna dei pazienti residenti, i margini di miglioramento.”

Tradotto: il sistema sanitario calabrese non è in grado di curare i propri cittadini con efficacia, costringendoli a partire o, nei casi peggiori, a rinunciare alle cure.

La salute come diritto diseguale

L’indagine Agenas non è solo un documento tecnico. È un atto d’accusa contro un sistema sanitario che continua a trattare i cittadini con disparità inaccettabili. In Calabria, la malattia si combatte anche contro l’isolamento, l’inefficienza e l’abbandono istituzionale.

Un paziente oncologico non dovrebbe mai dover scegliere tra curarsi e restare a casa. Ma nel 2025, in Calabria, questa è ancora la scelta più comune.