Concorso per due istruttori di vigilanza a Locri: emergerebbero anomalie durante le prove scritte
Nel concorso pubblico indetto dal Comune di Locri per due posti di agente di polizia locale, alcune circostanze avvenute durante la prova scritta del 27 ottobre solleverebbero dubbi sulla regolarità della procedura
Il Comune di Locri avrebbe bandito un concorso per la copertura di due posti di istruttore di vigilanza, categoria C, a tempo pieno e indeterminato.
La prova scritta del 27 ottobre 2025 avrebbe attirato numerosi candidati provenienti da tutta la provincia, desiderosi di ottenere un posto stabile nella pubblica amministrazione.
L’evento avrebbe dovuto rappresentare un momento di trasparenza e correttezza, ma secondo diverse ricostruzioni, la giornata non si sarebbe svolta nel modo rigoroso che una selezione pubblica richiede. Alcuni aspetti organizzativi e comportamentali avrebbero sollevato perplessità sull’idoneità del contesto e sull’effettiva neutralità del procedimento.
L’aula e le presunte presenze non previste
La prova si sarebbe svolta in un’aula di dimensioni ridotte, dotata di una porta in vetro affacciata su un corridoio. Dall’esterno si sarebbero potuti vedere i candidati all’interno, mentre persone non partecipanti, tra cui parenti di concorrenti, sarebbero rimaste nei pressi dell’ingresso per l’intera durata dell’esame.
Durante la sessione si sarebbe verificato un continuo andirivieni di soggetti appartenenti alla polizia municipale, formalmente autorizzati a vigilare ma, secondo alcune osservazioni, troppo presenti all’interno dell’ambiente d’esame.
La porta in vetro sarebbe stata aperta e chiusa più volte, generando rumori e distrazioni che potrebbero aver influito sulla concentrazione dei partecipanti.
Simili episodi, se confermati, contrasterebbero con le buone prassi previste nei concorsi pubblici, dove la separazione tra candidati e pubblico deve essere assoluta e l’aula resa inaccessibile per tutta la durata della prova.
Il presunto incontro tra autorità e familiari
All’inizio della giornata, sarebbe stato notato l’arrivo di un maresciallo dei Carabinieri, che avrebbe salutato con familiarità il comandante della Polizia Municipale e alcuni genitori di una candidata.
Il comandante, secondo chi avrebbe assistito, sarebbe poi rimasto all’esterno della porta per tutto il tempo dell’esame, conversando con i familiari in attesa nel corridoio.
Il gesto, pur non costituendo di per sé un’irregolarità, apparirebbe inopportuno in un contesto concorsuale, dove anche l’apparenza di imparzialità è elemento fondamentale.
In circostanze di questo tipo, la sola percezione di un’eccessiva vicinanza tra autorità e partecipanti può generare dubbi sulla serenità e l’equità del procedimento.
Una sola domanda per la prova scritta
Ulteriori elementi di criticità riguarderebbero la struttura dell’esame. La prova scritta, stando alle informazioni disponibili, si sarebbe basata su un unico quesito a risposta aperta.
Una modalità non usuale per concorsi di questo tipo, che prevedono di norma più domande teoriche o pratiche, volte a verificare competenze giuridiche e amministrative su vari ambiti.
Inoltre, la traccia proposta sarebbe apparsa più simile a quelle estratte nelle prove orali, riducendo la possibilità di una valutazione comparativa.
L’adozione di un solo quesito, se confermata, rappresenterebbe una scelta metodologica discutibile, in quanto limita il ventaglio di valutazione e potrebbe aumentare il margine di soggettività nei giudizi.
Le possibili implicazioni
Le circostanze emerse, pur da verificare, potrebbero comportare conseguenze rilevanti.
La normativa sui concorsi pubblici stabilisce che ogni prova debba svolgersi in modo imparziale, in ambienti idonei e sotto vigilanza costante.
Qualora si accertasse che le condizioni di trasparenza non sono state rispettate, il rischio sarebbe quello di dover ripetere la prova o, nei casi più gravi, annullare l’intera procedura.
I candidati che ritenessero di aver subito un pregiudizio potrebbero inoltre presentare ricorso al giudice amministrativo, chiedendo la sospensione della graduatoria.
Non meno importante sarebbe l’aspetto reputazionale: una procedura percepita come poco trasparente danneggerebbe l’immagine dell’amministrazione e la fiducia dei cittadini nei confronti degli enti pubblici.
Il principio di trasparenza
Ogni concorso comunale dovrebbe essere gestito con la massima attenzione al principio di trasparenza, che costituisce non solo un obbligo normativo ma anche un valore di credibilità istituzionale.
Eventuali errori organizzativi o leggerezze nella vigilanza, anche se non intenzionali, possono minare la fiducia nella pubblica amministrazione.
Per questo motivo sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore da parte degli uffici comunali competenti.
Un’eventuale relazione ufficiale sulle modalità di svolgimento della prova e sulle misure adottate per garantire l’imparzialità consentirebbe di sgombrare il campo da ogni sospetto e ristabilire un clima di fiducia.
La responsabilità dell’amministrazione
L’ente comunale, come titolare della procedura, avrebbe il dovere di verificare che le prove si siano svolte secondo i criteri previsti dal bando.
Ogni elemento non conforme andrebbe accertato e, se necessario, corretto.
In caso contrario, il rischio è quello di prolungare una situazione di incertezza che nuocerebbe sia ai partecipanti sia all’immagine della città.
In un territorio dove la trasparenza amministrativa rappresenta un obiettivo ancora da consolidare, anche un singolo episodio di cattiva organizzazione può diventare simbolo di un sistema che fatica a garantire pari opportunità.
L’impatto sulla fiducia pubblica
Il reclutamento di nuovi agenti di polizia locale non è un semplice atto tecnico: riguarda la credibilità di chi, domani, sarà chiamato a far rispettare le regole.
Ogni dubbio sulla regolarità della selezione rischierebbe di intaccare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.
La pubblica amministrazione dovrebbe essere percepita come luogo di competenza, correttezza e imparzialità.
Se l’impressione che resta dopo una prova pubblica è quella di un contesto disordinato o poco controllato, la credibilità complessiva del sistema rischia di subire un danno duraturo.
Una riflessione più ampia
Il caso di Locri riporterebbe l’attenzione sul tema generale della gestione dei concorsi nel Mezzogiorno.
Spesso, anche quando non emergono irregolarità formali, l’organizzazione appare fragile e non all’altezza degli standard che un ente moderno dovrebbe garantire.
Mancanza di spazi adeguati, vigilanza limitata, protocolli non rispettati e rapporti personali troppo visibili tra candidati e funzionari contribuiscono a creare un clima di diffidenza.
Garantire trasparenza non significa solo rispettare le regole scritte, ma anche tutelare l’apparenza di imparzialità, elemento essenziale per un’amministrazione che vuole essere credibile agli occhi dei cittadini.
L’esame del 27 ottobre per due istruttori di vigilanza al Comune di Locri avrebbe dovuto rappresentare un’occasione di crescita e fiducia nelle istituzioni.
Le circostanze descritte, se confermate, indurrebbero invece a chiedere chiarimenti ufficiali sull’intera gestione della prova.
Non si tratta di accusare, ma di pretendere trasparenza.
Solo un riscontro formale potrà chiarire se il concorso si è svolto nel pieno rispetto delle regole o se siano necessarie verifiche più approfondite.
In un’epoca in cui la fiducia verso la pubblica amministrazione è già fragile, anche un singolo episodio può fare la differenza tra credibilità e sospetto.
Locri, oggi, avrebbe l’occasione di dimostrare che il principio di legalità non è un richiamo formale, ma una pratica concreta di responsabilità pubblica.