Nel cuore dell’estate calabrese, quando il sole scolpisce i campi e la terra profuma di agrumi e sale, torna protagonista un frutto che sta vivendo una nuova primavera: il melone giallo, conosciuto anche come “gialletto”. Con la sua buccia dorata e la polpa soda e dolce, è diventato uno dei simboli della produzione ortofrutticola regionale, guadagnando spazio nei mercati nazionali e internazionali.Coltivato da decenni lungo la fascia ionica e tirrenica della Calabria, il gialletto era un tempo considerato un frutto “povero”, spesso consumato in casa o venduto nei mercati rionali. Oggi, grazie al lavoro sinergico tra agricoltori, consorzi e tecnici agronomi, il melone giallo calabrese è diventato un prodotto identitario, capace di distinguersi per gusto, conservabilità e sostenibilità.

“Rispetto ad altri meloni, il gialletto ha una polpa compatta, un gusto equilibrato e un’ottima resistenza post-raccolta – spiega Antonio Romano, produttore della piana di Sibari – È perfetto per l’export e sta piacendo molto anche al nord Italia”.

Un prodotto che nasce dal territorio

Le condizioni climatiche della Calabria – con siccità estiva, escursioni termiche e suoli sabbiosi-argillosi – creano l’ambiente ideale per la coltivazione di questo frutto. La produzione si concentra soprattutto nelle province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, dove il melone giallo viene seminato tra aprile e maggio, per essere raccolto da metà luglio fino a tutto settembre.

In molti casi si tratta di aziende familiari, spesso giovani realtà agricole che hanno deciso di puntare su qualità e filiera corta. La scelta del gialletto si spiega anche per la sua resilienza climatica: richiede meno acqua rispetto ad altre varietà, si adatta bene a tecniche di agricoltura integrata e ha un ciclo produttivo relativamente breve.

Tra mercato e valorizzazione

Secondo dati diffusi dalla Coldiretti Calabria, nel 2024 la produzione regionale di melone giallo ha superato le 8.000 tonnellate, con una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. Un risultato importante, che testimonia il ritorno di interesse verso questa cultivar, anche grazie a campagne promozionali e alla crescente domanda di prodotti freschi a chilometro zero.

Non mancano però le sfide: la concorrenza con i prodotti del Nord Africa, le oscillazioni dei prezzi all’ingrosso e i costi crescenti dell’energia e dei trasporti rappresentano ostacoli concreti. “Il vero salto di qualità – afferma Mariella Greco, agronoma e consulente per le cooperative agricole – arriverà solo con una strategia di marchio e una certificazione d’origine che leghi il gialletto calabrese al suo territorio”.

Sempre più aziende stanno convertendo le loro produzioni al biologico, puntando su rotazioni sostenibili, irrigazione a goccia e difesa naturale da parassiti. In alcuni casi, il gialletto viene trasformato in confetture artigianali, succhi e persino gelati gourmet, offrendo nuove opportunità di valorizzazione.

Mentre i mercati rionali di Reggio, Crotone e Lamezia si riempiono di bancarelle gialle, la Calabria agricola guarda al futuro con ottimismo. Il gialletto non è solo un frutto: è il simbolo di un’agricoltura che torna alle radici, con lo sguardo puntato sull’innovazione.