Giuseppe Manfreda vittima innocente in un agguato errato
Ucciso il 25 agosto 2000 a Mesoraca: un’azione criminale legata a rivalità locali e a dinamiche mafiose

La sera del 25 agosto 2000, nella cittadina di Mesoraca (Kr), il muratore 26enne Giuseppe Manfreda fu assassinato in un agguato scellerato mentre rientrava a casa con la sua famiglia. In quel momento era in auto con la moglie e i figli gemelli neonati, quando un commando armato fece fuoco con kalashnikov, uccidendolo all’istante. In precedenza, i killer avevano tentato di colpire un pregiudicato locale, Armando Ferrazzo, davanti al municipio; fallito quel tentativo, le pallottole feroci raggiunsero Manfreda, uomo estraneo ai contorni della contesa.
Dinamiche, movente e contesto criminale
Le indagini segnarono fin da subito la natura mafiosa dell’omicidio. Secondo le ricostruzioni, l’attentato nacque dal fallimento dell’agguato in piazza contro Ferrazzo. I killer, in ritirata, avrebbero incrociato l’auto di Manfreda, intercettandola deliberatamente. Le motivazioni individuate dagli inquirenti indicarono uno scontro su questioni legate al pascolo, a contese terriere e a eredità familiari, elementi che in un contesto dominato da logiche criminali diventano esplosivi.
L’omicidio fu anche collegato alla famiglia Ferrazzo. Secondo ricostruzioni successive, il neo-pentito Eugenio Ferrazzo fu condannato, tra gli altri motivi, anche per la sua partecipazione all’agguato. È stato accertato che Giuseppe Manfreda fu colpito non perché fosse il bersaglio, ma perché presente fortuitamente nell’auto sbagliata al momento sbagliato.
Un dolore che interroga ancora
A distanza di decenni, rimane vivo il dolore della famiglia, ma anche la domanda sulle responsabilità e sulle omissioni che in un contesto di omertà hanno reso difficile l’affermazione della verità e della giustizia. La storia di Giuseppe Manfreda, pur nato come fatto locale, richiama la dimensione più ampia delle vittime innocenti nella lotta alla mafia: uomini, donne, figli che hanno perso la vita non per colpe proprie, ma perché catturati dalle logiche distruttive del potere criminale.
La memoria di Manfreda non è solo ricordo: è esortazione ad agire, a non far passare sotto silenzio la brutalità mafiosa e a difendere la dignità di chi, nella semplicità quotidiana, ha scelto di vivere lontano dall’illegalità.