Luigi Gravina, commerciante ucciso per essersi ribellato al racket
Il coraggio di un operatore commerciale che pagò con la vita il suo “no” all’estorsione
 
				Il 25 marzo 1982, a Paola (provincia di Cosenza), Luigi Gravina, 32 anni, operatore commerciale, padre di cinque bambini, venne assassinato dalla criminalità organizzata locale: due sicari irrompono nei locali della sua attività, lo raggiungono e lo uccidono con diversi colpi di pistola. La ragione dell’agguato era il suo fermo rifiuto di sottostare alle richieste estorsive di una cosca della ’ndrangheta. Gravina aveva scelto la dignità, opponendosi al racket, e questo lo condannò a essere vittima della logica mafiosa.
Il significato del suo gesto
La decisione di Gravina di dire “no” al pizzo rappresenta un momento emblematico nella lotta alle mafie in provincia di Cosenza. Come segnalato da osservatori antimafia, quel delitto segnò una svolta perché portò alla luce la violenza strutturale delle cosche locali e stimolò nuovi risvegli civili. La sua morte non va letta solo come un attacco individuale, ma come un atto intimidatorio verso una comunità che rifiutava di piegarsi alla pretesa di controllo e sopraffazione.
L’impatto sulla comunità e il ricordo
A Paola, la memoria di Luigi Gravina continua a essere vive. Fu inaugurata una scultura in suo onore nel luogo del delitto, un simbolo del coraggio e della scelta di libertà della vittima. Tuttavia, anche il ricordo è stato messo a dura prova: in anni recenti è stata denunciata la volontà di spostare il monumento dall’area originaria, suscitando polemiche tra familiari e cittadini che ne chiedono la conservazione come segno di memoria collettiva.
Un monito per il presente
L’omicidio di Luigi Gravina resta una ferita aperta per il territorio calabrese: non è solo la storia di un uomo, ma l’emblema della violenza mafiosa che si estende anche all’economia legale, ai commercianti che lavorano onestamente e ai cittadini che rifiutano la sottomissione.
La sua vicenda ci ricorda che la lotta alle mafie passa anche attraverso la tutela di chi sceglie la legalità e il rifiuto della sopraffazione. In un tempo in cui le mafie assumono nuovi volti e modalità, il coraggio di testimoni come Gravina resta un riferimento essenziale per la cultura della legalità.