Rosa Vespa e Aqua Moses, lo strano rapporto di coppia e lo spettro della 'follia a due'
Uno degli aspetti più singolari del caso è rappresentato dal cambio della tutina della bambina appena arrivata a casa.

Nell’intricato panorama delle relazioni umane, alcuni fenomeni psicologici e criminologici riescono a catturare l'attenzione per la loro complessità e il loro impatto sulla società. Tra questi, vi sono i casi di false gravidanze, rapimenti neonatali e dinamiche di coppia altamente problematiche. Recentemente, quanto accaduto a Cosenza ha portato in evidenza questi temi, coinvolgendo il rapimento di una neonata in una clinica. La vicenda ha sollevato interrogativi profondi sulle motivazioni della presunta responsabile e sul ruolo delle dinamiche di coppia in simili comportamenti estremi. La criminologa e psicoanalista Simonetta Costanzo, docente all'Università della Calabria e autrice di numerosi studi scientifici, offre alcune chiavi di lettura fondamentali per comprendere meglio il caso in un'intervista rilasciata alla Gazzetta del Sud.
False gravidanze e feti fantasma
Il concetto di “falsa gravidanza”, noto anche come gravidanza isterica, rappresenta un fenomeno psicologico complesso in cui una donna, pur non essendo incinta, manifesta sintomi fisici e comportamentali che imitano una vera gravidanza. Secondo la dottoressa Costanzo, questo fenomeno non è limitato esclusivamente alle donne, ma può manifestarsi anche negli uomini, sebbene in forme diverse. In un'epoca in cui le tecniche di procreazione assistita e l’utilizzo di madri surrogate sono sempre più diffusi, il bisogno di un figlio può trasformarsi in un desiderio ossessivo per alcune persone. Nel caso di specie, il rapimento di una neonata potrebbe essere stato il risultato di un lungo percorso interiore segnato da un bisogno patologico di avere un figlio a tutti i costi. La dottoressa Costanzo sottolinea che questo comportamento potrebbe essere legato a cause psicologiche profonde, come la necessità di risolvere traumi passati o di colmare un vuoto emotivo.
Il caso di Cosenza: un piano premeditato
La vicenda avvenuta a Cosenza presenta molte caratteristiche che suggeriscono una premeditazione accurata. La donna coinvolta avrebbe pianificato il rapimento della neonata in modo meticoloso, scegliendo il reparto pediatrico come luogo ideale per mettere in atto il suo piano. “Questa donna potrebbe aver elaborato un piano con un grado di freddezza e calcolo sorprendente,” osserva Costanzo. “È probabile che avesse già riflettuto su ogni dettaglio, incluso il cambio della tutina della bambina appena arrivata a casa. Questo gesto può essere interpretato come un tentativo di appropriazione simbolica del neonato, cercando di cancellare ogni traccia della sua origine reale e di sostituirla con una nuova identità creata dalla donna stessa.”
Il rapporto con il partner: un elemento centrale
Un altro aspetto centrale della vicenda riguarda il rapporto di coppia della donna coinvolta. Secondo la dottoressa Costanzo, è possibile che questa dinamica abbia giocato un ruolo cruciale nel motivare il gesto estremo. “La relazione con il partner potrebbe essere stata caratterizzata da conflitti irrisolti o da una forte instabilità emotiva. In alcuni casi, il desiderio di un figlio può diventare un tentativo di ricucire un rapporto di coppia problematico, oppure di dimostrare il proprio valore come madre agli occhi del partner,” spiega Costanzo.
La follia a due: quando il disturbo è condiviso
Un elemento che merita particolare attenzione è la possibilità che il caso in questione rientri nella categoria della “follia a due” (“folie à deux”). Questo termine descrive una condizione psicologica in cui due persone, spesso legate da una relazione intima, condividono un delirio o una credenza patologica. La dottoressa Costanzo suggerisce che il comportamento della donna potrebbe essere stato influenzato, o addirittura sostenuto, dalla presenza di un partner che condivideva le sue convinzioni o il suo disagio emotivo. “La follia a due rappresenta un fenomeno raro ma significativo, in cui i disturbi mentali di una persona si amplificano a causa della dinamica relazionale con l’altra. In questi casi, il partner può fungere sia da amplificatore che da supporto per il comportamento patologico,” osserva la criminologa.
Il cambio della tutina: un atto simbolico
Uno degli aspetti più singolari del caso è rappresentato dal cambio della tutina della bambina appena arrivata a casa. Questo gesto, apparentemente insignificante, ha un significato profondo dal punto di vista psicologico. Secondo la dottoressa Costanzo, il cambio di vestiti può essere interpretato come un tentativo di ridefinire l’identità del neonato, segnando il passaggio da una famiglia biologica a una nuova realtà creata dalla donna stessa. “Questo gesto potrebbe riflettere un bisogno di controllo e di appropriazione totale della bambina. Cambiando la tutina, la donna sembra voler cancellare ogni traccia della sua vera origine, affermando che ora il bambino appartiene a lei e al suo mondo,” spiega Costanzo.
Il rischio di recidiva
Un interrogativo importante che emerge è se la donna potrebbe essere capace di ripetere un gesto simile in futuro. Secondo la dottoressa Costanzo, casi di questo tipo spesso presentano un rischio significativo di recidiva, specialmente se le cause psicologiche sottostanti non vengono affrontate adeguatamente. “Questi comportamenti possono diventare seriali, soprattutto quando sono motivati da un bisogno ossessivo o da traumi non risolti. La donna potrebbe cercare nuovamente di soddisfare il suo desiderio di maternità attraverso azioni simili, a meno che non venga sottoposta a un trattamento psicologico mirato,” avverte la criminologa.
Le implicazioni sociali e psicologiche
Oltre agli aspetti individuali del caso, è importante considerare le implicazioni sociali e psicologiche più ampie. Questo tipo di vicende mette in luce la necessità di una maggiore attenzione ai segnali di disagio psicologico nelle donne, specialmente durante periodi critici come la gravidanza o il desiderio di maternità. “La società tende spesso a sottovalutare l’impatto dei disturbi psicologici legati alla maternità, concentrandosi invece sugli aspetti fisici. Questo caso ci ricorda quanto sia fondamentale fornire supporto psicologico alle donne che attraversano momenti di difficoltà emotiva o di instabilità relazionale,” sottolinea Costanzo.
La ricerca di un senso
Infine, il caso di Cosenza ci invita a riflettere su una domanda fondamentale: cosa spinge una persona a compiere un gesto così estremo? La risposta, secondo la dottoressa Costanzo, risiede in una combinazione di fattori personali, relazionali e sociali. “Non possiamo ridurre questa vicenda a un semplice atto criminale. Dietro ogni gesto estremo c’è una storia complessa fatta di traumi, bisogni insoddisfatti e dinamiche relazionali irrisolte. Solo comprendendo a fondo queste dinamiche possiamo sperare di prevenire simili tragedie in futuro,” conclude la criminologa. Il caso di Cosenza rappresenta un esempio emblematico delle sfide poste dai disturbi psicologici legati alla maternità e alle dinamiche di coppia. Grazie all’analisi approfondita della dottoressa Simonetta Costanzo, abbiamo potuto esplorare le molteplici sfaccettature di questa vicenda, dal fenomeno delle false gravidanze alla complessità della follia a due. Questo caso ci ricorda l'importanza di un approccio integrato che tenga conto sia degli aspetti psicologici che di quelli sociali, al fine di fornire un supporto adeguato a chi ne ha bisogno e di prevenire future tragedie.