Economia debole e bassa produttività: perché la Calabria fatica a decollare
Uno sguardo approfondito sulle cause strutturali che frenano il rilancio regionale

La Calabria continua a muoversi su un binario fragile. Sebbene nel 2023 il Pil regionale abbia segnato una crescita dell’1,2 %, spinta anche dal settore costruzioni e dai servizi, il freno sull’industria — con un decremento rilevante — ha impedito una traiettoria più robusta. Le statistiche rilevano che la regione rimane lontana dalle medie nazionali, sia per reddito procapite sia per capacità produttiva territoriale.
Una stima significativa indica che nel 2023 la produttività del lavoro in Calabria si è attestata intorno a 55.882 euro per addetto, contro i 75.071 euro del Centro-Nord: un divario che si trascina da anni e testimonia una differenza sostanziale nella capacità di generare valore con le risorse disponibili.
Struttura produttiva fragile e settori poco evoluti
Una chiave per comprendere questa debolezza è nella composizione produttiva della regione: prevalgono settori tradizionali, con scarso peso dell’industria avanzata e del terziario innovativo. Le aziende locali spesso operano in settori a bassa intensità tecnologica, con scarsa integrazione in reti nazionali o internazionali.
Le imprese calabresi faticano ad acquisire economie di scala, capitali o competenze professionali adeguate. Gli investimenti privati restano modesti, e l’accesso al credito è più costoso rispetto ad altre regioni. In questo quadro, la carenza infrastrutturale — strade, logistica, servizi digitali — pesa come una zavorra sui costi delle aziende e sulla capacità di competere all’esterno del mercato locale.
Demografia, fuga dei talenti e domanda interna debole
Un’altra radice del problema è demografica: la Calabria ha perso oltre 162.000 residenti in dieci anni, un fenomeno acuto soprattutto nei piccoli comuni interni. Con meno persone, e in particolare con meno giovani qualificati, il mercato del lavoro perde slancio e le imprese perdono potenziali risorse.
In parallelo, molti giovani laureati scelgono di trasferirsi altrove, contribuendo a un processo di “fuga dei cervelli” che indebolisce la capacità innovativa locale. La domanda interna, poi, è restrittiva e orientata spesso a consumi essenziali, il che non stimola nuove imprese né mercati regionali di respiro.
Ritardi istituzionali, governance e ambiente regolatorio
Spesso i ritardi dell’economia calabrese non derivano soltanto da fattori “naturali”, ma da inefficienze istituzionali e regolatorie. La lentezza delle procedure autorizzative, disallineamenti tra enti locali e Regione, difficoltà nella pianificazione degli interventi infrastrutturali generano perdite di tempo che sottraggono credibilità agli investimenti.
Il contesto della “qualità dell’azione pubblica” emerge come fattore discriminante: la Calabria si colloca dietro le regioni del Nord per efficienza amministrativa, trasparenza, funzionamento della giustizia e qualità dei servizi. Questo deficit istituzionale alimenta sfiducia e ostacola la capacità di realizzare progetti strutturali di lungo respiro.
Produttività in crescita, ma da livelli troppo bassi
È importante notare che in Calabria, nel periodo 2007-2023, la crescita della produttività del lavoro ha beneficiato dell’incremento dell’intensità di capitale: più investimenti nei macchinari e attrezzature hanno compensato la debolezza dell’efficienza totale dei fattori (PTF). In altre parole, si è fatto “di più con più”, ma non necessariamente “meglio con meno”.
In anni recenti, la Calabria ha recuperato i livelli di attività precedenti alla crisi pandemica, grazie all’evoluzione positiva nei servizi e nelle costruzioni, mentre l’industria ha continuato a soffrire. Anche se questi segni rappresentano segnali incoraggianti, rimane il nodo delle differenze strutturali che non accennano a ridursi.
Il lavoro irregolare e la dimensione sommersa
Un aspetto che incide pesantemente sull’economia regionale è il lavoro nero. In Calabria l’economia sommersa ha un peso significativo, con un’incidenza stimata dell’8,7 % sul valore aggiunto. Questo fenomeno sottrae risorse fiscali, indebolisce la tutela sociale dei lavoratori e mina la concorrenza.
Il lavoro irregolare spesso coinvolge settori fragili come l’agricoltura, l’edilizia e il lavoro domestico, dove controlli e trasparenza sono più complessi. La persistenza di queste pratiche riduce la capacità del sistema produttivo di crescere nella legalità e di attrarre investimenti.
Le sfide per invertire la rotta
Affinché la Calabria possa decollare, è urgente superare l’attuale paradigma. Serve una strategia che combini interventi multidimensionali: infrastrutture efficienti, digitale avanzato, formazione mirata e sostegno alle imprese che vogliono innovare. Le filiere ad alto valore — agricoltura sostenibile, turismo esperienziale, energie rinnovabili — possono rappresentare leve di sviluppo se supportate da politiche coerenti.
Le istituzioni devono assumersi responsabilità concrete, con tempi certi e trasparenza nei progetti. Serve attrarre talenti e capitale, invertendo la tendenza migratoria, e creare un ecosistema in cui impresa, ricerca e territorio lavorino in sinergia.
Solo così non si resterà eternamente “una promessa”, ma si affermerà una Calabria che produce, innova e cresce.