Caso Vespa, chiesta l’impugnazione della scarcerazione: «Provvedimento illegittimo, negate le garanzie alla parte offesa»
Gli avvocati di Valeria Chiappetta e Federico Leo Cavoto chiedono al PM di opporsi alla decisione del GIP che ha concesso i domiciliari a Rosina Vespa

La decisione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza di concedere i domiciliari a Rosina Vespa, accusata di aver rapito una neonata appena nata, finisce nel mirino dei legali delle persone offese. Gli avvocati Chiara Penna e Paolo Pisani, in rappresentanza di Valeria Chiappetta e Federico Leo Cavoto, genitori della piccola Sofia Cavoto, hanno formalmente richiesto alla Procura della Repubblica di proporre impugnazione contro il provvedimento, definito “gravemente lesivo del diritto di difesa e del contraddittorio”.
La detenzione con braccialetto elettronico
La richiesta, presentata il 16 luglio 2025, prende le mosse dalle due ordinanze emesse dal GIP Pingitore rispettivamente l’11 e il 15 luglio: nella prima si disponeva la detenzione domiciliare con braccialetto elettronico, nella seconda — in seguito a difficoltà tecniche — la misura è stata confermata escludendo qualsiasi controllo elettronico e persino il parere del pubblico ministero. Gli avvocati denunciano che, nonostante la legge preveda la partecipazione della parte offesa nei reati violenti (art. 299 c.p.p.), nessuna comunicazione è stata loro inoltrata, impedendo così qualsiasi forma di contraddittorio. Viene inoltre contestato il fatto che la difesa dell’imputata non abbia prodotto nuovi elementi a giustificazione della richiesta di alleggerimento della misura, a meno di sei mesi da un reato ritenuto estremamente grave.
Rigettare l'istanza
Secondo i legali, il GIP avrebbe dovuto rigettare l’istanza per inammissibilità formale e non entrare nel merito. Da qui la richiesta al sostituto procuratore Tridico di impugnare entrambi i provvedimenti, in base agli articoli 310 e 311 del codice di procedura penale, per ristabilire — si legge nell’istanza — “il rispetto delle garanzie processuali e dei diritti delle persone offese”.