Carmelo Di Giorgio
Carmelo Di Giorgio

Era una normale mattina di inizio gennaio quando, alle prime luci del giorno del 5 gennaio 1979, un autotreno carico di arance e limoni venne fermato su un tratto a velocità ridotta nei pressi del ponte vecchio di Rizziconi (Rc). A bordo c’erano Carmelo Di Giorgio, 24 anni, originario di Lentini (Sr), e Primo Perdoncini, 31enne residente vicino Verona, dipendenti della ditta veronese Montresor e Morselli. Senza alcun avviso, una raffica di colpi d’arma da fuoco li sorprende uccidendoli sul colpo. I proiettili frantumarono il parabrezza del camion mentre alcuni attraversarono la testa delle vittime, cosa che lascia intendere l’efferatezza del gesto. Entrambi furono trasportati d’urgenza all’ospedale di Rizziconi e successivamente ai Riuniti di Reggio Calabria, dove spirarono a 24 ore di distanza l’uno dall’altro, il 6 gennaio.

Un’aggressione mirata al mercato agrumicolo

Il motivo dell’omicidio sembra sia stato un messaggio lanciato al settore dei trasporti agrumicoli. Secondo le indagini e quanto emerso dagli sviluppi storici, tanto Carmelo quanto Primo erano sospettati di avere contribuito a «turbare il mercato» dominato dalla ‘ndrangheta con le loro spedizioni di agrumi dalla Piana di Gioia Tauro verso il Nord Italia. L’esecuzione venne quindi interpretata come un monito destinato a chiunque fosse intenzionato a sfidare quegli accordi criminali.

Identità ignorate, verità ancora lontana

Analisi forensi, testimoni assenti e contesto di omertà scoraggiante portarono le autorità a catalogarlo come omicidio consumato da sicari quasi anonimi. Nessuno conosceva l’identità dei killer: l’agguato, secondo molti, non avrebbe preso di mira le vittime specifiche, ma qualcuno le ha scelte come vittime esemplari per destabilizzare i concorrenti del traffico agro‑alimentare.

Il silenzio delle istituzioni e la memoria spezzata

Nonostante il clamore mediatico dell’epoca — con titoli che gridavano “Gli agrumi passano per il racket” — i mandanti e gli esecutori non furono mai assicurati alla giustizia. Nessun processo, nessuna condanna. Solo una via intitolata nel comune di Rizziconi e una targa a Lentini in memoria di Carmelo: fino alla sua distruzione – sei mesi dopo installata – committenza anonima aveva eliminato ogni forma di ricordo. La figlia di Di Giorgio, nata pochi mesi dopo la tragedia, lo descrive come una vittima “nel posto sbagliato, al momento sbagliato”, ma non casuale nelle sue scelte.

Qualche ombra di giustizia e l’assenza di riscatto

Nel documento ufficiale della Commissione Regione Calabria per le vittime della ‘ndrangheta, l’episodio viene catalogato tra le vittime del racket agrumicolo: una tragica pagina della Calabria degli anni Settanta che illustra chiaramente quali erano i meccanismi di potere e controllo del territorio. Il contesto giudiziario resta però uno squarcio sospeso, una ferita aperta che non si è ancora rimarginata.