Minorenne ubriaca e lasciata a terra a Cosenza, ma dov’erano gli adulti?
Una testimonianza che non cerca colpe individuali ma chiama in causa una responsabilità collettiva, davanti a una minore lasciata sola nel cuore della città.
Durante la vigilia di Natale, nel pieno centro di Cosenza, una ragazzina di circa tredici anni è stata vista a terra, in evidente stato di ebbrezza, stordita dall’alcol e priva di lucidità. Era ora di pranzo, le strade erano affollate per gli aperitivi natalizi, i locali pieni, la città in festa. La giovane non era sola: attorno a lei c’erano alcune coetanee, incapaci però di comprendere la gravità della situazione. Nessun intervento risolutivo, nessuna reale protezione. Intorno, adulti, passanti, esercenti. Eppure, nessuno che si facesse davvero carico di quella fragilità.
Quando l’indifferenza diventa normalità
Una scena che interpella tutti
Ci sono episodi che vanno oltre la cronaca e diventano uno specchio impietoso della comunità che li produce. La vicenda avvenuta nel centro di Cosenza, durante la vigilia di Natale, non è solo il racconto di una ragazzina in difficoltà. È soprattutto la fotografia di una città che guarda e passa oltre. Una città che, anche davanti a una minore in evidente stato di vulnerabilità, sembra aver smarrito il senso dell’urgenza, della responsabilità, dell’umanità.
L’assenza degli adulti
La domanda più scomoda riguarda proprio gli adulti. Uomini e donne che hanno figli, nipoti, studenti, ragazzi a casa. Come è possibile non riconoscere il pericolo? Come si può ignorare una tredicenne a terra, stordita dall’alcol, esposta, incapace di difendersi? Non si tratta di eroismi, ma di gesti minimi: fermarsi, coprire, chiamare aiuto, assumersi il peso di una decisione. L’assenza di soccorso non è distrazione, è una scelta. Ed è una scelta che pesa.
Una città che si volta dall’altra parte
Cosenza non è improvvisamente diventata insensibile. Forse lo è diventata lentamente, normalizzando l’eccesso, il disagio, l’abbandono. Si è imparato a convivere con scene che dovrebbero allarmare, a confondere il divertimento con l’assenza di limiti, a scambiare il silenzio per tranquillità. Voltarsi dall’altra parte diventa così una forma di autodifesa: non vedere per non doversi coinvolgere, non sapere per non dover rispondere.
Il disagio dei minori come problema collettivo
Quando una minorenne resta sola in mezzo alla folla, il problema non è solo suo. È di chi vende, di chi passa, di chi governa, di chi educa. È il segno di un vuoto educativo e civile che non può più essere ignorato. Perché una comunità che non protegge i più fragili, soprattutto i minori, è una comunità che sta rinunciando a se stessa. E la vera domanda, oggi, non è cosa sia successo quel giorno, ma perché nessuno abbia sentito il dovere di fermarsi.
La vicenda
La redazione di Calabria News 24 ha ricevuto una lettera aperta che segnala un episodio avvenuto durante la vigilia di Natale, il 24 dicembre, nelle ore centrali della giornata. Una testimonianza diretta che descrive una scena di forte disagio, consumatasi in pieno centro cittadino, durante i consueti aperitivi natalizi.
La scena nel centro città durante l’ora di pranzo
Secondo quanto riportato nella lettera, l’episodio sarebbe avvenuto durante l’ora di pranzo, lungo corso Mazzini e nelle aree centrali frequentate per gli aperitivi della vigilia. In quel contesto, tra locali affollati e persone in festa, una ragazzina che poteva avere circa tredici anni si trovava a terra in evidente stato di ebbrezza, stordita dall’alcol e priva di lucidità.
La giovane non era completamente denudata, ma, a causa dello stato di alterazione, non si rendeva conto che la gonna era alzata, esponendola in modo umiliante agli sguardi di chi si trovava intorno. Una condizione di estrema vulnerabilità, aggravata dall’assenza di consapevolezza e dalla totale incapacità di tutelarsi.
Coetanee presenti, ma nessuna reale protezione
Attorno alla ragazza, come racconta la lettera, vi erano alcune amiche, anch’esse giovanissime, probabilmente della stessa età. Nessuna scena di violenza esplicita viene descritta, ma ciò che emerge con forza è l’assenza di una reale protezione, l’incapacità del gruppo di comprendere la gravità della situazione e di intervenire in modo adeguato per mettere in sicurezza la coetanea.
Il quadro restituito è quello di una fragilità collettiva, dove l’età, l’alcol e la superficialità si intrecciano in modo pericoloso.
Un episodio che interroga la città
La lettera non avanza accuse personali né indica responsabilità dirette. È piuttosto una denuncia civile che chiama in causa un fenomeno sempre più diffuso: il consumo di alcol tra giovanissimi, normalizzato anche in contesti pubblici e diurni, sotto gli occhi di tutti.
Che una scena del genere possa verificarsi in pieno giorno, nel cuore della città e durante un momento di festa, rende il racconto ancora più inquietante e pone interrogativi profondi sul livello di attenzione e vigilanza attorno ai minori.
Il ruolo degli adulti e il vuoto educativo
Uno dei passaggi più forti della testimonianza riguarda il silenzio degli adulti. Famiglie, esercenti, passanti, istituzioni: nessuna figura di riferimento sembra emergere nel racconto come elemento di tutela immediata.
La lettera parla di una vigilia che avrebbe dovuto essere sinonimo di condivisione e che invece si è trasformata nell’immagine di un disagio giovanile che cresce, spesso ignorato o sottovalutato.
Raccontare senza spettacolarizzare
Come redazione abbiamo scelto di pubblicare questa segnalazione senza indulgere nel sensazionalismo, tutelando l’anonimato e la dignità della minore. Raccontare non significa giudicare, ma non voltarsi dall’altra parte di fronte a episodi che richiedono una riflessione seria e urgente.
La scena descritta nella lettera non è solo una brutta pagina di cronaca, ma un campanello d’allarme che riguarda l’intera comunità.
Una domanda che resta aperta
La lettera si chiude lasciando una domanda sospesa, semplice e drammatica allo stesso tempo: com’è possibile che una ragazzina così giovane finisca in uno stato di totale esposizione e vulnerabilità, in pieno centro e alla luce del giorno, senza che nessuno intervenga davvero?
È una domanda che chiama tutti a una responsabilità più profonda, perché dietro episodi come questo non c’è solo una vigilia di Natale andata male, ma un disagio che non può più essere ignorato.