L’omicidio del vicebrigadiere Rosario Iozia, un servitore dello Stato ucciso dalla ’ndrangheta
Il 10 aprile 1987 a Cittanova la violenza mafiosa toglie la vita a un giovane carabiniere che insisteva sulla cattura dei latitanti
Rosario Iozia era un giovane vicebrigadiere dell'Arma dei Carabinieri, originario della Calabria, che aveva raccolto incarichi delicati contro latitanti e organizzazioni criminali nel territorio della Piana di Gioia Tauro. La sua presenza tra le file dell’Arma rappresentava non solo un atto di servizio, ma anche una concreta opposizione alla diffusione del controllo esercitato dalla ’ndrangheta nel suo paese e dintorni. Iozia aveva accettato la sfida di servire la comunità in un contesto di forte rischio, consapevole delle minacce che derivavano dall’azione quotidiana contro il crimine organizzato.
L’agguato e la morte drammatica
La sera del 10 aprile 1987, mentre si trovava sulla strada che da Cittanova conduce alla frazione Petrara, Iozia avvistò un gruppo di uomini armati che si muovevano in un uliveto. Anche fuori dal servizio, fermò l’auto, scese con l’arma in pugno e intimò l’alt. In quel momento venne colpito da due fucilate di lupara: rispose al fuoco, ma morì poco dopo. Il tentativo di arrestare i malviventi si trasformò in un conflitto a fuoco letale che spezzò la vita di un giovane carabiniere in difesa del suo territorio.
Indagini e la difficoltà di dare giustizia
L’omicidio di Iozia rientra nella dolorosa serie di vittime innocenti della ’ndrangheta: uomini dello Stato colpiti per il solo fatto di svolgere il loro dovere. Le indagini hanno ricostruito che nell’area in cui avvenne l’agguato erano nascosti numerosi latitanti di primo piano, ma non sono state definite ancora in modo compiuto le responsabilità di tutti i mandanti e degli esecutori materiali. Nonostante il conferimento della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria, la verità piena non è ancora arrivata, lasciando un vuoto nella giustizia e nella fiducia della comunità.
Il significato della memoria e il valore dell’esempio
Il sacrificio del vicebrigadiere Iozia rappresenta un monito forte verso la cultura dell’omertà e l’indifferenza: testimonia che la lotta al crimine organizzato passa anche attraverso l’impegno quotidiano di chi lavora per la collettività. Ricordarlo significa dare voce al valore della legalità e rafforzare la consapevolezza che il dovere dello Stato non è una scelta facile, ma è essenziale per la libertà di tutti.
Una chiamata a non dimenticare
L’omicidio di Rosario Iozia non è solo una pagina tragica della storia calabrese, ma un invito al presente: a coltivare la responsabilità individuale e collettiva, a sostenere chi opera in territori difficili, a non permettere che l’assenza di punizione cancelli il ricordo della vittima. Ogni atto di memoria costruisce un ponte verso un futuro in cui il coraggio del singolo trova riflesso nella forza della comunità.