Le ricerche online posso peggiorare la disinformazione
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Per sfuggire alla disinformazione non bastano le ricerche online, possono anzi essere controproducenti perché si tende ad approfondire su siti che diffondo essi stessi disinformazione.
A dimostrare questo meccanismo apparentemente senza uscita è lo studio pubblicato su Nature e guidato da Kevin Aslett, dell’Università della Florida Centrale a Orlando.
Trappola a cui non sfugge neanche l’Intelligenza Artificiale di ChatGpt che secondo un altro studio presentato da ricercatori dell’Università di Waterloo in Canada al Workshop Trustworthy Natural Language Processing a Toronto tende a credere alle teorie del complotto. E’ tendenza comune ritenere che a veicolare la disinformazioni, in particolare notizie false e teorie del complotto, siano i social network e che l’antidoto contro le false notizie sia quello di fare ricerche online per approfondire e fare poi valutazioni indipendenti.
Per verificare l’ipotesi i ricercatori americani hanno chiesto a circa 3000 volontari di valutare, facendo ricerche online, la correttezza di alcune notizie pubblicate nelle ultime 48 ore e i loro risultati sono stati messi a confronto con un altro gruppo che invece non aveva approfondito le ricerche.
Confutando l’idea comune, è emerso che a credere di più alle notizie false sono stati coloro che avevano fatto ricerche, dunque i più informati. Secondo i ricercatori proprio facendo ricerche aumenta il rischio di imbattersi in siti che corroborano le notizie in arrivo da fonti di bassa qualità andando a rafforzare la disinformazione.
Una dimostrazione pratica di quanto il contrasto alla disinformazione sia molto più complessa di quanto ritenuto spesso e della necessità di migliorare i programmi di alfabetizzazione digitale. Problema a cui non sfuggono neanche le IA, tra cui ChatGpt che usando proprio le informazioni presenti sulla rete cade facilmente in queste trappole.