Confiscati beni per 2 milioni al commercialista della cosca Iamonte
Professionista di Melito Porto Salvo condannato per associazione mafiosa: gestiva contabilità e prestanome per il clan. Sotto sequestro 7 immobili grazie alle indagini della Guardia di Finanza

La Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di confisca emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di un commercialista di Melito Porto Salvo. L’uomo era stato condannato con sentenza definitiva nel 2015 per associazione mafiosa, in quanto considerato un punto di riferimento della cosca “Iamonte”, attiva nell’area grecanica. Fin dal 2002, il professionista aveva messo le sue competenze tecniche a disposizione dell’organizzazione criminale, gestendo la contabilità di aziende intestate a prestanome e suggerendo strategie per eludere i controlli delle autorità.
Ruolo chiave nella gestione economica del clan
Secondo quanto emerso dalle indagini, il commercialista ha avuto un ruolo determinante nel supportare la cosca attraverso un’attività continuativa e consapevole, che è andata ben oltre la semplice consulenza tecnica. Ha infatti contribuito attivamente a mascherare la reale proprietà di beni e imprese, agevolando la cosca nell’aggirare la normativa sulle misure di prevenzione. Il suo apporto ha rafforzato il potere economico del clan, favorendone l’infiltrazione in settori dell’economia apparentemente leciti e consolidandone la capacità di condizionamento sul territorio.
Patrimonio confiscato: 7 immobili per quasi 2 milioni di euro
Le attività investigative, condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Melito Porto Salvo con il supporto del S.C.I.C.O. (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), hanno permesso di ricostruire un patrimonio riconducibile direttamente o indirettamente al professionista, ritenuto sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. In seguito al sequestro di prevenzione, il Tribunale ha confermato la confisca di beni per un valore stimato in circa 2 milioni di euro, comprendenti sette immobili. La misura conferma la pericolosità sociale del destinatario e la validità dell’impianto accusatorio, pur restando impregiudicate eventuali valutazioni successive nel merito.