Gennaro Musella, l’ingegnere che cadde sotto una bomba per la verità
Il professionista aveva denunciato appalti sospetti. Il suo ricordo è ancora vivo

Era il 3 maggio 1982 quando Reggio Calabria fu scossa da un boato che rasentava la dimensione di una esplosione militare. In pieno centro, lungo via Apollo, la Mercedes guidata da Gennaro Musella, ingegnere originario di Salerno ma trasferitosi in Calabria per motivi imprenditoriali, esplose sotto una micidiale carica di tritolo. L’ordigno era stato collocato sotto il sedile di guida e, al momento in cui Musella entrò nell’abitacolo per avviare la vettura, l’esplosione dilaniò l’automobile e lo uccise sul colpo. Numerosi feriti, danni a veicoli e abitazioni circostanti, un’impressione di guerra nel cuore della città.
Chi era Musella, cosa denunciava
Ingegnere di fama, Musella era impegnato soprattutto nel settore delle opere marittime. Aveva di recente partecipato e denunciato irregolarità legate a una gara d’appalto per la realizzazione del porto turistico di Bagnara Calabra. Pur ottenendo l’annullamento del bando, la sua volontà di trasparenza lo avrebbe messo in rotta con interessi opachi e potenti cartelli. Le indagini successive nelle quali emersero connessioni tra Cosa Nostra e ’ndrangheta furono però archiviate nel 1988 contro ignoti, senza che alcun processo reale si aprisse. Soltanto nel 2008 gli è stato riconosciuto lo status di vittima di mafia.
L’eredità di una memoria ostinata
Anni dopo, la figlia Adriana Musella ha assunto un ruolo centrale nella preservazione della memoria di questo delitto. In vari eventi pubblici e incontri civili ha raccontato il trauma, la solitudine e la lotta per la verità: «La memoria è un riscatto per le morti ingiuste», ha detto riferendosi al corpo del padre ridotto a brandelli sull’asfalto. In molti l’hanno ascoltata come testimone vivente: la sua voce ha contribuito a riportare in luce una storia che rischiava di sfumare nel silenzio.
L’assassinio di Musella non è soltanto una pagina oscura della cronaca calabrese: è un monito. È la testimonianza che, in certe latitudini, la trasparenza può costare la vita. È il simbolo che chi pensa di cambiare qualcosa può diventare obiettivo. E che la memoria – quella costruita e sostenuta – è un’arma civile che nessuna bomba può distruggere.