Zangara fra gli agenti
Zangara fra gli agenti

Giuseppe Zangara nacque il 7 settembre 1900 a Ferruzzano, un comune della Calabria. Cresciuto tra lavori agricoli e umili mansioni, soffrì fin dall’infanzia di dolori addominali cronici dovuti a gravi problemi di salute che lo segnarono profondamente nella psiche e nel fisico.

Migrazione, cittadinanza e lavoro

Alla fine della Prima guerra mondiale “Joe” Zangara emigrò negli Stati Uniti nel 1923 con lo zio, stabilendosi a Paterson, New Jersey. Diventò cittadino americano nel 1929 e lavorò come muratore, pur continuando a vivere in condizioni di disagio economico e sofferenza fisica cronica.

Un obiettivo politico: l’assassinio di Roosevelt

Il 15 febbraio 1933, a Miami, durante un comizio notturno al Bayfront Park, l’allora presidente‑eletto Franklin D. Roosevelt stava tenendo un discorso dal retro di una decappottabile aperta. Zangara, armato di una pistola calibro .32 acquistata pochi giorni prima, salì su una sedia traballante per superare la sua bassa statura — misurava appena 1,5 m — e sparò cinque colpi verso l’auto presidenziale.

Il tragico errore e le vittime involontarie

Roosevelt scampò ai colpi, ma cinque persone vennero ferite. Tra queste, Anton Cermak, sindaco di Chicago, fu colpito gravemente e morì tre settimane dopo per una peritonite aggravata dalla ferita. La scena fu alterata da un gesto fortuito: una spettatrice colpì il braccio di Zangara con la borsa, facendolo perdere il controllo dell’arma.

Arresto, processo ed esecuzione

Zangara fu subito disarmato dalla folla e arrestato. Nel primo processo si dichiarò colpevole per quattro capi di tentato omicidio e fu condannato a 80 anni di prigione. Alla morte di Cermak fu accusato anche di omicidio di primo grado in base alla dottrina dell’«intenzione trasferita». Il 20 marzo 1933, poco più di un mese dopo l’attentato, fu giustiziato sulla sedia elettrica nella prigione statale della Florida a Raiford, senza ricorso in appello.

I motivi di Zangara

Zangara dichiarò davanti ai giudici di provare odio non verso Roosevelt personalmente ma verso tutti i «capitalisti» e gli uomini potenti, attribuendo la sua frustrazione e sofferenza alla sua miserabile condizione sociale. I suoi ultimi momenti furono accompagnati da slogan anticapitalisti, e le sue ultime parole furono: «Viva Italia! Addio a tutta la gente povera del mondo!».

Teorie alternative e interpretazioni

Nel tempo è emersa una teoria secondo cui Cermak sarebbe stato il vero bersaglio, con Zangara usato come esecutore dall’organizzazione mafiosa del Chicago Outfit. Tuttavia, la maggior parte degli studiosi scarta questa ipotesi: Raymond Moley, che intervistò Zangara, concluse che agì da solo con l’intenzione di colpire Roosevelt.