La strage di Duisburg
La strage di Duisburg

Nella notte del 15 agosto 2007, poco dopo le 2:30 del mattino, nel centro di Duisburg, sei italiani di origini calabresi sono colpiti da quasi settanta proiettili mentre stanno uscendo dal ristorante “Da Bruno”. Cinque di loro muoiono sul colpo, mentre l’ultimo rende l’anima poco dopo il trasporto in ospedale. La sparatoria è una rappresaglia: un’agguerrita vendetta scatenata al culmine della sanguinosa faida di San Luca tra i clan Strangio‑Nirta e Pelle‑Vottari. Un evento che segna per la prima volta una strage mafiosa di dimensioni così gravi oltreconfine.

La faida che parla calabrese nella Ruhr

La strage non è un episodio isolato ma la diretta espressione di una guerra clanica iniziata in Calabria, trasportata sulle strade della Germania. Sei tra giovani e adulti – tra cui Tommaso Venturi, preda dell’escalation di violenza – sono stati selezionati e uccisi in una vera esecuzione militare, con colpi sparati alla testa per eliminare ogni possibilità di sopravvivenza.

L’impatto su media e opinione pubblica

Il caso scuote le autorità tedesche e introdurrà i media nazionali alla fredda, invisibile presenza della ’ndrangheta. L’evento fa emergere anche un movimento civile: “Mafia? Nein danke!”, che nasce per chiedere trasparenza e contrasto attivo al fenomeno. Il caso viene raccontato da testate internazionali come The Guardian, che parlano di “dramatic spillover” – ossia “riversamento drammatico” della violenza mafiosa oltre i confini italiani.

Le indagini e lo Stato che reagisce

La vicenda attiva immediatamente una collaborazione tra la polizia tedesca (Bka), i Carabinieri e la polizia italiana, creando un flusso investigativo tra Duisburg e Reggio Calabria. Giovanni Strangio è individuato come uno dei sicari e alla fine catturato in Olanda dopo una latitanza internazionale. Seguono arresti, processi e condanne in Italia: Giovanni Strangio riceverà l’ergastolo e altri complici pesanti pene detentive.

L’eredità di una notte che cambiò tutto

La strage di Duisburg è divenuta simbolo del potere globale della ’ndrangheta: una mafia che non si limita ai traffici, ma esporta violenza calibrata e precisione militare. In Germania ha segnato un cambio di paradigma nella lotta alla mafia, spingendo le istituzioni a intensificare la cooperazione internazionale e a leggere con occhi nuovi le strutture criminali italiane sul proprio suolo.