Salvatore Aversa, il sovrintendente che pagò con la vita la lotta alla ‘ndrangheta
Ucciso a Lamezia Terme insieme alla moglie Lucia Precenzano il 4 gennaio 1992: una tragedia che ha messo a nudo depistaggi, silenzi istituzionali e la resistenza di uno Stato ferito

Il 4 gennaio 1992, poco prima delle 19, il sovrintendente della Polizia di Stato Salvatore Aversa, 59 anni, fu colpito da una raffica di quindici proiettili in via dei Campioni a Lamezia Terme. Accanto a lui c’era la moglie Lucia Precenzano, che morirà poco dopo in ospedale. Aversa era un investigatore esperto, impegnato nelle indagini sull’omicidio dei netturbini tramonte e Cristiano e in prima linea contro le cosche locali: finì per diventare una vittima del terrore mafioso.
Depistaggi, testimonianze false e giustizia ritardata
Le indagini iniziali si basarono sulla testimonianza della superteste Rosetta Cerminara, che accusò due giovani innocenti come autori del crimine. Tali accuse si rivelarono infondate: nel 2004 i due furono assolti definitivamente, e vennero emergendo i depistaggi e le contraddizioni nel processo. Solo molti anni dopo furono identificati gli esecutori materiali: due killer pugliesi, legati alla Sacra Corona Unita, organici a mandanti legati alla ‘ndrangheta lametina. Il boss Francesco Giampà fu condannato nel 2010 a 30 anni di reclusione, mentre gli esecutori materiali ricevettero condanne di 10 e 8 anni.
Sacrificio, riconoscimenti e memoria civile
Aversa venne insignito postumo della Medaglia d’oro al valor civile per il suo spirito di abnegazione e la dedizione al servizio in un contesto pericoloso e contaminato. La sua morte – e quella della moglie – ha segnato una ferita profonda nella comunità locale, ma ha anche sollevato interrogativi sulle responsabilità istituzionali e la gestione dell’indagine. Residua forte la critica verso processi accelerati e falsi testimoni che hanno ritardato l’amministrazione della giustizia.
Una vicenda che continua a evocare responsabilità
Anche dopo oltre trent’anni, il ricordo dei coniugi Aversa non è sbiadito. Ogni 4 gennaio, Lamezia Terme celebra le vittime con cerimonie, deposizioni di corone ai luoghi della memoria e riflessioni sull’impegno civile. Il questore di Catanzaro ha affermato che la figura di “un gigante in mezzo ai nani” rimane un monito contro l’indifferenza e la prevaricazione mafiosa. La vicenda ha rivelato come, anche in casi emblematici, la lotta allo Stato possa essere ostacolata da dinamiche interne, depistaggi e omissioni.
Un esempio per il futuro della legalità
Il sacrificio di Salvatore Aversa e di sua moglie è divenuto simbolo di dedizione e resistenza civile. Il loro esempio ispira oggi forze dell’ordine, magistratura e società civile a continuare la battaglia contro le mafie, anche quando la strada della verità è dissestata e lunga. Nonostante le ingiustizie e i ritardi giudiziari, il ricordo dei loro nomi resta vivo, testimone di un ideale di legalità che resiste alle minacce e alle ombre del potere criminale.