cipuddrizze
cipuddrizze

Le cipuddrizze termine con cui in Calabria, Puglia e Basilicata si indicano comunemente i bulbi selvatici noti scientificamente come Muscari o lampascioni, sono oggi al centro di uno studio che potrebbe rivoluzionare il trattamento di diverse patologie metaboliche. Conosciute e apprezzate da secoli nelle regioni del sud Italia, le cipuddrizze si distinguono per il loro sapore amarognolo e deciso, che arricchisce piatti rustici e insalate tipiche. Ma dietro il gusto particolare, si nasconderebbe anche un potente patrimonio di sostanze benefiche.

Un patrimonio di biodiversità che ora guarda alla medicina

Recenti studi condotti da gruppi di ricerca universitari, tra cui il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università della Calabria e altri centri specializzati in fitoterapia, hanno infatti individuato nella composizione biochimica dei bulbi selvatici una serie di composti bioattivi con effetti positivi sul metabolismo. Flavonoidi, saponine, antociani, fibre e oli essenziali: sono questi i principali costituenti che sembrano agire su meccanismi chiave legati a:

Regolazione della glicemia, potenziale effetto anti-diabetico;

Controllo del peso corporeo, azione anti-obesità;

Riduzione del colesterolo LDL, protezione cardiovascolare;

Le prime analisi in vitro e su modelli animali mostrano risultati promettenti, tanto da aprire la strada alla possibilità di trasformare l'estratto naturale delle cipuddrizze in un farmaco fitoterapico.

Cucina e salute, un legame antico

Da sempre considerate "cibo povero", le cipuddrizze venivano raccolte nei campi incolti o nelle aree collinari durante la primavera. Dopo lunghe preparazioni , che prevedono accurati processi di bollitura e aromatizzazione per smorzare l’amaro naturale,  venivano consumate come, antipasto sott’olio, condimento per insalate, contorno a piatti a base di carne o legumi e farcitura per focacce e rustici. Una tradizione gastronomica che ora acquista un valore aggiunto, ovvero, la possibilità di unire il piacere del gusto alla prevenzione di malattie metaboliche croniche, sempre più diffuse a livello globale.

Verso il riconoscimento ufficiale?


Alcuni ricercatori ipotizzano che, attraverso ulteriori studi clinici su larga scala, l’estratto di cipuddrizze potrebbe essere classificato come integratore nutraceutico, principio attivo per farmaci anti-diabetici naturali e coadiuvante nella gestione di obesità e ipercolesterolemia. La strada è ancora lunga, sottolineano gli scienziati,  saranno necessari rigorosi protocolli sperimentali, test clinici sull’uomo e autorizzazioni regolatorie da parte degli enti competenti. Tuttavia, l’interesse è crescente anche da parte di startup del settore biomedicale, che vedono nelle cipuddrizze una materia prima locale e sostenibile da valorizzare scientificamente.

Un prodotto identitario da proteggere

In attesa degli sviluppi futuri, le cipuddrizze restano uno dei simboli più autentici della cucina contadina del Sud Italia. Proprio per tutelarne il valore culturale e biologico, si sta valutando anche l’avvio di procedure per il riconoscimento come Prodotto Agroalimentare Tradizionale - PAT. Una sfida che unisce scienza, territorio e tradizione, e che potrebbe trasformare un piccolo bulbo dimenticato in un grande alleato della salute pubblica.