Domenico De Maio
Domenico De Maio

Domenico De Maio fu sindaco di Platì, in provincia di Reggio Calabria, quando venne assassinato il 27 marzo 1985 in un agguato armato. Da tempo si era espresso pubblicamente contro l’influenza delle cosche nella sua comunità e aveva affermato che Platì “non è il paese di mafia di cui si parla”. La sua voce diventa pericolosa in un contesto dove dominava la ’ndrangheta.

L’agguato e la morte violenta

Quel giorno, De Maio stava rientrando dalla città insieme alla figlia minorenne quando, in località “Cutrucchio” nei pressi di Careri, fu affiancato da una moto e da un’automobile con due uomini armati. Dopo un tentativo di fuga l’auto venne bloccata e il sindaco fu colpito alla nuca. Aveva solo 46 anni. La figlia, accanto a lui, riuscì a scappare salvo.

Una verità ancora mancante e un caso irrisolto

Nonostante l’indagine e i numerosi interrogativi sollevati dall’omicidio, i responsabili materiali e i mandanti non sono stati definitivamente individuati. La vicenda resta una ferita aperta nella storia della Locride, un episodio emblematico della violenza mafiosa che colpisce istituzioni e democrazia.

Il valore della memoria attiva

La figura di De Maio è oggi simbolo del coraggio civico. Il suo impegno pubblico, il rifiuto della rassegnazione e la testimonianza gettano un ponte tra generazioni. Ricordarlo non significa soltanto onorare il passato, ma riaffermare che la legalità e il diritto alla comunità non possono essere rinviati.

Un impegno che continua

L’omicidio di Domenico De Maio è un capitolo doloroso della storia calabrese. Ma non può restare solo una pagina chiusa. È un richiamo forte a non abbandonare la lotta contro l’omertà, a sostenere le comunità e a ristabilire fiducia nelle istituzioni. Solo così la sua morte può trasformarsi in un impegno vivo per il futuro.