Francesco Ferlaino
Francesco Ferlaino

La figura di Francesco Ferlaino incarna il sacrificio di una magistratura che ha osato sfidare gli intrecci tra potere, criminalità e corruzione. La mancanza di verità giudiziarie rende il suo omicidio un monito per le generazioni future: la memoria e la determinazione civile restano gli strumenti più potenti per contrastare la cultura mafiosa e affermare il primato della legge.

Un agguato in pieno giorno

Il 3 luglio 1975, intorno alle 13:30, Francesco Ferlaino, Avvocato Generale della Corte d’Appello di Catanzaro e figura di spicco nella magistratura calabrese, veniva ferito mortalmente con due colpi di fucile mentre camminava verso la sua abitazione a Nicastro, frazione di Lamezia Terme. L’agguato avvenne sotto gli occhi dell’appuntato dei Carabinieri che lo accompagnava, svelando la spregiudicatezza e la freddezza con cui la ‘ndrangheta era pronta a colpire nel cuore delle istituzioni.

Un cold case ancora aperto

Nonostante i primi sospetti puntassero su un ruolo di esecutore di un uomo legato alla criminalità locale, le indagini non hanno mai portato a una condanna. Il mandante e gli autori del delitto rimangono un mistero, rendendo il caso uno dei più celebri e irrisolti nella storia della lotta alla mafia calabrese.

Memoria, istituzioni e impegno civile

Seppure senza verità giudiziarie definitive, il sacrificio di Ferlaino non è stato dimenticato. Il 50º anniversario della sua morte è stato commemorato con cerimonie ufficiali, mostre e una stele a Lamezia Terme. Il Palazzo di Giustizia di Catanzaro porta il suo nome, così come l’aula della Corte d’Assise e una via della città. Questi riconoscimenti riflettono il ruolo simbolico della sua figura nella lotta alla criminalità e nel presidio dei valori democratici.

Il prezzo pagato dalla giustizia civile

L’uccisione dell’Avvocato Generale Ferlaino segnò una svolta nella percezione pubblica della ‘ndrangheta: per la prima volta la mafia calabrese non si limitava più a minare l’economia locale ma attaccava frontalmente lo Stato. La portata dell’assassinio risuona ancora oggi come un avvertimento della capacità di rigenerazione e di infiltrazione del crimine organizzato calabrese.