Imprenditore al presidente del Tribunale di Lamezia: "Chiudete quella ferita aperta da 33 anni"
«Tutto iniziò durante il periodo di Tangentopoli. Fui arrestato anch’io. E voglio subito chiarire»

«Le chiedo di ascoltarmi. Non voglio nulla che non sia previsto dalla legge, non voglio favoritismi, non voglio scorciatoie. Chiedo solo giustizia e che qualcuno abbia il coraggio e il dovere di chiudere questa storia». È un appello accorato e diretto quello lanciato dall’imprenditore lametino Francesco Grandinetti in un video pubblicato sul suo profilo Facebook e rivolto al presidente del Tribunale di Lamezia Terme, Giovanni Garofalo.
La vicenda
Grandinetti chiede la chiusura formale di un concordato preventivo risalente al lontano 1993. Una vicenda che, come lui stesso racconta, non è più soltanto economica, ma ha assunto nel tempo una dimensione personale, familiare e sociale. «Tutto iniziò – spiega – durante il periodo di Tangentopoli, quando ogni giorno si parlava di grandi imprenditori arrestati. Fui arrestato anch’io. E voglio subito chiarire: dieci anni dopo sono stato assolto perché il fatto non sussiste. Ma quei giorni di prigionia segnarono profondamente la mia vita e rappresentarono l’inizio di un lungo calvario». In quel contesto, Grandinetti decise di ricorrere al concordato preventivo per tutelare le sue imprese, convinto che si trattasse di una misura temporanea destinata a concludersi nel giro di pochi anni. «Il concordato, secondo legge, doveva durare tra i 4 e i 6 anni. E invece – denuncia oggi – sono passati 33 anni». Il problema, secondo l’imprenditore, sta anche nella continua rotazione dei giudici che si sono occupati del suo caso: «Oltre 15 giudici delegati si sono susseguiti, ognuno con una propria interpretazione. C’è chi ha applicato la vecchia legge fallimentare, chi la nuova, e così tutto si è allungato all’infinito».
Il video
Nel video, Grandinetti ricostruisce anche le dimensioni e le potenzialità del suo gruppo imprenditoriale all’epoca del concordato: un attivo superiore al passivo, un patrimonio che – secondo la proposta concordataria – avrebbe dovuto garantire il ritorno di circa otto milioni di euro, necessari per il rilancio aziendale. «Eravamo presenti in diversi settori: dall’edilizia, al teatro, fino al circuito televisivo 5 Stelle che stava ottenendo grandi risultati e avrebbe potuto crescere ancora». Oggi, la sua richiesta non è polemica, ma vuole essere un grido d’aiuto rivolto alle istituzioni e, in particolare, al Tribunale di Lamezia Terme, che – sottolinea – non è oggetto di un attacco, bensì di un richiamo costruttivo: «Quello che denuncio – precisa – è la carenza cronica di personale che penalizza l’intero sistema. A Lamezia, i giudici cambiano frequentemente e i procedimenti si perdono nella burocrazia e nella lentezza». Un appello, dunque, che vuole rompere il silenzio su una vicenda lunga oltre tre decenni. E che chiede solo che si torni alla legge, affinché – come dice Grandinetti – «un concordato già chiuso venga finalmente chiuso anche legalmente».