Il barone Antonio Carlo Cordopatri, la resistenza di un nobile alla ‘ndrangheta
Ucciso il 10 luglio 1991 mentre difendeva le sue terre dalla mafia dei Mammoliti

Antonio Carlo Cordopatri, barone originario di Oppido Mamertina, era proprietario di numerosi uliveti e agrumeti nella fertile piana di Gioia Tauro. La ricchezza dei suoi terreni, potenzialmente fonte di contributi comunitari, attirò l’attenzione della potente cosca Mammoliti, che voleva impossessarsene a prezzi stracciati.
Rifiuto e denuncia contro le pretese mafiose
Fedeli alla tradizione familiare, i Cordopatri respinsero ogni pressione. Antonio, insieme alla sorella Teresa, denunciò intimidazioni, attentati e tentativi di usurpazione. Nonostante l’azione giudiziaria e la difesa dei propri diritti, il barone rimase isolato nella sua lotta contro la prepotenza criminale.
L’agguato mortale del 10 luglio 1991
Quella mattina Antonio stava aspettando sua sorella sotto casa a Reggio Calabria, quando un sicario gli sparò da distanza ravvicinata, uccidendolo. Teresa vide il colpo, intervenne, e grazie al malfunzionamento dell’arma salvò la sua vita. La pronta reazione permise l’arresto del killer salvatore La Rosa, consegnato subito alle autorità.
Processi: carnefice e mandanti puniti
La giustizia colpì duramente: Salvatore La Rosa fu condannato all’ergastolo, poi ridotto a 25 anni. Francesco Mammoliti, ritenuto mandante, finì in carcere a vita. Saron Mammoliti fu accusato ma assolto. Il ruolo di Teresa fu determinante per incastrare i responsabili.
Teresa Cordopatri: la “Baronessa Coraggio”
Alla morte del fratello iniziò la battaglia instancabile di Teresa, definita “Baronessa Coraggio” da Le Figaro. Scioperi della fame, testimonianze e richieste di giustizia portarono persino alla creazione di una Commissione Antimafia amministrativa. In molti riconobbero in lei l’eroina silenziosa che reclamava legalità laddove lo Stato era assente.
Dopo la tragedia: eredità e memoria
La lotta dei Cordopatri segnò profondamente la lotta alla mafia in Calabria. Le inchieste “Peace among the olive trees” portarono all’arresto di oltre 35 esponenti dei Mammoliti. Le proprietà baronali furono in parte recuperate, ma l’ombra della criminalità rimane una ferita aperta.