Italia-Israele, il caso Gattuso: sport, politica e le richieste di Corigliano-Rossano
La mancata presa di posizione del CT della nazionale sulle tensioni in Medio Oriente scatena polemiche e una petizione popolare nella sua città natale, tra sport e responsabilità umana

La doppia sfida calcistica tra Italia e Israele sta suscitando un acceso dibattito in tutto il Paese. Sorprende come organismi come FIFA, UEFA e FIGC non abbiano ancora preso una posizione chiara contro Israele, evitando di sospenderla dalle competizioni internazionali. Il motivo di questa richiesta è legato all’uso dello sport, dei social media e del cinema da parte di Israele come strumenti per legittimare le proprie azioni, considerate da molti un vero e proprio genocidio nei confronti del popolo palestinese, ormai in corso da quasi due anni.
La petizione di Corigliano-Rossano e le aspettative su Gennaro Gattuso
Nei giorni scorsi, a Corigliano-Rossano, città natale del nuovo commissario tecnico della nazionale maschile Gennaro Ivan Gattuso, un gruppo di cittadini ha promosso una petizione che ha raccolto rapidamente centinaia di firme. La richiesta era chiara: invitare Gattuso a esprimere solidarietà al popolo palestinese, rinunciando a giocare una partita fondamentale per la qualificazione ai Mondiali, ma ancor più rilevante dal punto di vista umano. La speranza era quella di vedere il campione del mondo schierarsi in modo netto contro le ingiustizie.
La risposta di Gattuso e la reazione dei suoi concittadini
In conferenza stampa, Gattuso ha però scelto una linea più diplomatica, dichiarandosi contrario alle guerre ma sottolineando la necessità di disputare la partita. Questa posizione ha deluso molti suoi concittadini, che si aspettavano un gesto di solidarietà più deciso. In segno di protesta, è stato affisso uno striscione davanti alla sua abitazione, con il messaggio che lo sport non può essere separato dalla realtà che ci circonda. La comunità locale chiede inoltre una presa di posizione forte da parte del Governo Meloni, criticato per la sua reticenza nel condannare Israele, limitandosi a interventi di aiuto umanitario e all’accoglienza di alcuni bambini palestinesi. Oggi più che mai si invoca un impegno politico chiaro per rompere con un silenzio considerato complice.