La ‘guerra di ’ndrangheta’ a Reggio Calabria: tra faide sanguinose e riorganizzazione delle cosche
Dalle lotte interne per il controllo delle attività criminali del decennio ’70 fino al conflitto totale del 1985–1991

La guerra di ’ndrangheta reggina rappresenta uno dei momenti più feroci della mafia italiana dopo quella siciliana. Ha modellato le modalità operative dell’organizzazione: traffico internazionale di droga, omicidi “mirati”, infiltrazioni politico-economiche e controllo sistematico del territorio. Ancora oggi, la “Provincia” mantiene il suo ruolo decisionale, affiancando una rete di cosche radicate e pericolose.
La Prima Guerra (1974–1977)
Negli anni Settanta, la ‘ndrangheta a Reggio Calabria vide scontri tra la vecchia guardia (capeggiata da Don Antonio Macrì e Don Mico Tripodo) e le nuove leve, in particolare la famiglia De Stefano, decise a entrare nel traffico di droga e a consolidare il potere politico-economico. Le faide culminarono nell’omicidio di Giorgio De Stefano (1977), leader emergente dei De Stefano, e nella morte di Don Macrì. Il conflitto segnò l’inizio del passaggio da struttura “agropastorale” a holding criminale dotata di una “Santa” e legami con istituzioni e massoneria deviata.
La Seconda Guerra (1985–1991)
L’11 ottobre 1985 le tensioni tra il clan De Stefano e gli Imerti di Villa San Giovanni degenerarono in un conflitto aperto. Dopo un attentato fallito contro Antonio Imerti, il boss Paolo De Stefano fu ucciso a colpi di pistola, dando inizio a una brutalissima guerra che coinvolse numerosi clan: Imerti, Condello, Saraceno e Rosmini contro De Stefano, Libri, Tegano e altri. L’escalation di violenza vide circa 600–700 morti, attacchi con armi pesanti, autobombe e omicidi mirati, anche nei quartieri centrali di Reggio.
Dalla faida all’organizzazione: la nascita della “Provincia”
Il conflitto si concluse nel 1991 con un accordo mediato da boss di Cosa Nostra (tra cui Salvatore Riina in incognito) e dai promotori locali (Antonino Mammoliti, Antonio Nirta e Domenico Alvaro). Vennero introdotti meccanismi di coordinamento: la “Provincia” o commissione interprovinciale, per evitare future guerre fratricide e per spartirsi traffici, appalti e potere.
Conseguenze e struttura attuale
Le guerre hanno avuto un impatto devastante: centinaia di vittime, clan distrutti o rafforzati, e l’affermazione della ‘ndrangheta come organizzazione estremamente strutturata e razionalizzata, con presenza capillare a Reggio e nella Piana di Gioia Tauro, divisa in mandamenti e sotto la regia della Provincia .