Lorenzo Fascì, mentre salva la donna
Lorenzo Fascì, mentre salva la donna

San Paolo d’Argon (BG), 13 maggio 2025 – Un giovane carabiniere, fuori servizio, ferma la sua auto. Davanti a sé una scena che gela il sangue: una donna, in equilibrio precario sul bordo di un cavalcavia, pronta a buttarsi giù. Bastano pochi secondi, una scelta istintiva, e Lorenzo Fascì decide che non può restare fermo a guardare.

Un gesto che ha salvato una vita, ma che ha anche ricordato a tutto il Paese cosa voglia dire essere un servitore dello Stato.

Un carabiniere, un uomo, un calabrese che ha scelto di intervenire

Lorenzo Fascì, 28 anni, carabiniere scelto, originario di Reggio Calabria, è in servizio da alcuni anni in provincia di Bergamo. Ma lunedì mattina non era in divisa. Era un giorno qualsiasi, un viaggio in macchina con la fidanzata e il suocero, quando ha visto la donna aggrappata al parapetto.

Non ha esitato. Ha accostato, è sceso, si è avvicinato. La donna, disperata, gli ha urlato di stare indietro, di non avvicinarsi. In quel momento Lorenzo avrebbe potuto scegliere di chiamare i soccorsi e aspettare. Invece ha scelto di agire.

Con calma, con parole misurate, si è identificato. Le ha detto che era lì per aiutarla, non per giudicarla. Ha iniziato a parlarle. A guadagnare centimetro dopo centimetro, fiducia dopo fiducia. Fino a quando ha potuto afferrarla, stringerla, impedirle di cadere.

Lorenzo Fascì, foto il Quotidiano
Lorenzo Fascì, foto il Quotidiano

Un abbraccio lungo dieci minuti, quelli che sono serviti ai soccorsi per arrivare. Dieci minuti in cui un ragazzo calabrese, in silenzio, ha tenuto viva una vita.

Un’immagine che parla al mondo

La foto del salvataggio, diffusa ovunque in poche ore, ha fatto il giro d’Italia e non solo.
Nell’immagine si vede chiaramente: Fascì ha messo a rischio la propria vita.
Ha scavalcato la rete di protezione del cavalcavia senza pensarci due volte, pur di raggiungere quella donna. Si è posizionato con le spalle rivolte verso il vuoto, esponendosi lui stesso al pericolo, per poterla trattenere meglio.
L’unico “aiuto” a cui ha potuto aggrapparsi? Proprio quella rete, che prima ha scavalcato e poi ha usato come appoggio per tenere stretta la donna e impedirle di precipitare nel nulla.

Un gesto istintivo, fisico, totale. Non una scelta ragionata, ma un atto d’impulso puro e generoso. Una dimostrazione concreta di cosa significhi mettere la vita di un altro prima della propria.

Meloni lo definisce “un eroe”, ma lui risponde con umiltà

Il gesto non è passato inosservato. Il video ha fatto il giro d’Italia. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è intervenuta personalmente per elogiare il coraggio di Fascì, definendolo un “eroe autentico, esempio di umanità e spirito di servizio”.

Ma lui, Lorenzo, ha risposto con la stessa sobrietà con cui è intervenuto quel giorno:
“Non mi sento un eroe. Ho fatto quello che ogni essere umano dovrebbe fare. E se oggi quella donna è viva, allora ho solo fatto il mio dovere. Il vero premio è questo.”

Un esempio che viene dal Sud, in silenzio e con dignità

Lorenzo Fascì è figlio di una terra difficile come la Calabria, dove il senso dello Stato si respira tra mille contraddizioni, ma dove l’educazione al rispetto e alla responsabilità resta una colonna solida.

Il suo gesto non è solo un salvataggio, è un messaggio.
Un messaggio che dice che non serve una divisa addosso per essere Carabinieri. Serve una divisa dentro.

Il valore del singolo, contro l’indifferenza

In un tempo in cui la cronaca è spesso fatta di violenze e di indifferenza, la scelta di Lorenzo ha ridato senso alle parole “spirito di servizio”. Ha mostrato come basti una voce calma, una presenza sicura, un gesto umano per interrompere il buio che avvolge chi ha perso la speranza.

È questo che resta della storia di San Paolo d’Argon: una vita salvata da un giovane calabrese che ha avuto il coraggio di ascoltare, di parlare, di abbracciare.

L’Italia ha bisogno di eroi come Lorenzo Fascì. Silenziosi, coraggiosi, umili.