Briganti
Briganti

In Calabria, terra di confini e contrasti, il brigantaggio non è stato solo un fenomeno criminale ma una pagina complessa e drammatica della storia italiana. Tra il XVI e il XIX secolo, generazioni di uomini armati hanno sfidato governi e autorità, diventando simbolo di rivolta popolare, giustizia sommaria e, per alcuni, autentica resistenza.

Alle origini del brigantaggio

Già nel XVI secolo, sotto il dominio spagnolo, la Calabria fu teatro di episodi di insubordinazione armata. In un contesto segnato da fame, soprusi feudali e abbandono istituzionale, nascono figure come Marco Berardi, conosciuto come “Re Marcone”, e Nino Martino, detto “Cacciadiavoli”. Più che banditi, questi uomini vennero percepiti come paladini del popolo contro la ferocia dei potenti, capaci di prendere d’assalto città e sottrarsi alla giustizia.

Il brigante come soldato e ribelle

Con l’inizio dell’ottocento, il brigantaggio assume contorni più politici. Durante l’occupazione napoleonica, i briganti calabresi si muovono in un intricato gioco di alleanze con francesi, inglesi e borbonici, approfittando del vuoto di potere per rafforzare il proprio controllo sul territorio. Le montagne calabresi, da sempre difficili da penetrare, diventano roccaforti ideali per bande sempre più organizzate. Dopo l’Unità del 1861, il brigantaggio esplode in tutto il Mezzogiorno, e in Calabria assume dimensioni drammatiche. La popolazione, delusa dal nuovo Regno d’Italia, trova nei briganti una voce alternativa. L’abolizione di usi civici, nuove tassazioni e il servizio militare obbligatorio fanno percepire lo Stato come un nuovo nemico. Il Sud non si sente liberato, ma conquistato.

Pietro Monaco e gli eroi della resistenza contadina

Tra le figure di briganti più emblematiche c’è quella di Pietro Monaco, temuto e rispettato capo banda nel Crotonese. Il suo gesto più clamoroso fu il rapimento del vescovo di Tropea nel 1863, episodio che scosse l’opinione pubblica e rivelò quanto fosse profondo il solco tra lo Stato e i territori meridionali. Le bande agivano con ferocia, ma anche con una logica politica, cercando consenso tra i ceti poveri e sfidando apertamente le autorità.

La repressione e la fine di un’epoca

La risposta del governo non si fece attendere. Con la legge Pica, il Sud fu sottoposto a uno stato d’assedio permanente: tribunali straordinari, fucilazioni, carcerazioni di massa. La Calabria fu una delle regioni più colpite. Nel giro di un decennio, il brigantaggio venne progressivamente smantellato, ma il prezzo pagato in termini di vite umane e tensioni sociali fu altissimo. Il brigantaggio calabrese sopravvive nel racconto popolare, nei canti tradizionali e nelle leggende di paese. La figura del brigante resta controversa: criminale per la legge, eroe per il popolo. Ma al di là della mitizzazione, il fenomeno offre una chiave per comprendere le ferite profonde di un Mezzogiorno che ancora lotta per trovare piena voce e dignità.