Condannata a sette anni Rosita Grande Aracri: per la Dda aveva un ruolo attivo nella cosca di famiglia
Sentenza del Gup di Bologna: riconosciuto il contributo stabile all’associazione mafiosa

È stata condannata a 7 anni e 2 mesi di reclusione Rosita Grande Aracri, 42 anni, figlia del boss di ’ndrangheta Francesco Grande Aracri, originario di Cutro e da anni radicato nel territorio emiliano. La sentenza è stata emessa dal Gup del Tribunale di Bologna al termine del processo celebrato con rito abbreviato, che ha accolto in pieno le richieste della Direzione distrettuale antimafia.
La figura di spicco all’interno della cosca familiare
Secondo la sentenza, Rosita avrebbe svolto un ruolo attivo e continuativo negli affari della famiglia mafiosa, anche in sostituzione dei congiunti detenuti. La sua figura sarebbe stata centrale nel garantire continuità alla cosca, mantenendo i contatti con i vertici, curando comunicazioni interne, gestendo affari e rapporti con altri sodali. La donna sarebbe stata «pienamente informata delle strategie e delle iniziative del clan», esercitando di fatto una funzione gestionale.
I precedenti e il processo Grimilde
La Grande Aracri era già stata condannata in via definitiva nel processo “Grimilde” per trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso. In quel procedimento erano stati condannati anche il padre Francesco e i fratelli Salvatore e Paolo. Il 16 giugno 2022, la Corte d’appello di Bologna aveva trasmesso gli atti alla Dda per valutare anche il reato di associazione mafiosa, ritenendo emergessero elementi chiari di contiguità e partecipazione alla ’ndrangheta emiliana.
La nuova indagine e la sentenza
Le indagini, affidate alla polizia giudiziaria, hanno confermato i sospetti: Rosita avrebbe garantito «un apporto costante e consapevole» alle attività criminali del clan, anche durante la detenzione dei principali esponenti della famiglia. Da qui la condanna in primo grado per partecipazione ad associazione mafiosa. La sentenza non è definitiva e la difesa ha già annunciato ricorso, ma per la Direzione distrettuale antimafia si tratta di un risultato importante nella lotta alla ’ndrangheta radicata al Nord.