Per mesi era stata considerata solo una ragazza fragile, ansiosa, vittima di disturbi psichici. E invece Carmen, giovane studentessa calabrese di appena 14 anni, stava lottando contro una rara malattia autoimmune che nessuno, fino a un certo punto, aveva saputo riconoscere. La sua storia è un viaggio tra diagnosi sbagliate, sofferenza inutile e – infine – un’intuizione salvifica dei medici del San Camillo Forlanini di Roma, che hanno cambiato per sempre il corso della sua vita. Tutto è iniziato con sintomi comuni: forti emicranie, febbre continua, nausea. Poi un segnale più allarmante: Carmen smette di urinare. «Lo stimolo c’era, mi sentivo gonfia – racconta – ma non riuscivo ad andare in bagno». I genitori, Giuseppe e Alessandra, la portano d’urgenza al pronto soccorso di Corigliano Calabro. I medici intervengono per svuotare la vescica e la dimettono. Ma il problema si ripresenta, e la famiglia si rivolge all’ospedale di Cosenza. Lì, dopo una batteria di esami – tutti negativi – si arriva a una conclusione frettolosa: ansia, forse depressione. A Carmen vengono prescritti psicofarmaci e il peso di una diagnosi che non le appartiene.

Una diagnosi accettata troppo in fretta

I genitori, però, non si arrendono. «Nostra figlia è sensibile, certo, ma non potevamo accettare che la causa di tutto fosse solo l’ansia». Così decidono di cercare risposte altrove. A Roma si rivolgono a un altro pronto soccorso pediatrico, ma lì Carmen non viene neppure visitata: i medici si limitano a confermare la diagnosi precedente sulla base delle cartelle cliniche. Nel frattempo le condizioni della ragazza peggiorano: la vescica non funziona senza catetere, compaiono tremori e intorpidimento alle gambe. È solo il consiglio di una parente a suggerire un’ultima possibilità prima di tornare a casa con il cuore spezzato: il San Camillo di Roma.

Il coraggio dei medici del San Camillo

Ed è proprio lì, in un pronto soccorso sulla Circonvallazione Gianicolense, che la storia cambia. Due medici decidono di non accontentarsi delle diagnosi precedenti. «I sintomi erano ambigui e difficili da interpretare – spiegano Carla Tortorella e Mauro Calvani, specialisti del Centro per la sclerosi multipla e malattie correlate – quindi abbiamo deciso di approfondire». La risonanza al cervello rivela un’encefalopatia infiammatoria. La terapia con cortisone ad alte dosi funziona. Ma i medici vogliono capire di più e inviano il sangue di Carmen a un centro specializzato. Finalmente arriva la risposta: si tratta della Mogad, una rara patologia autoimmune del sistema nervoso centrale.

Una diagnosi difficile, ma una nuova speranza

Durante il ricovero, Carmen ha festeggiato i suoi 15 anni con una festa a sorpresa organizzata dal reparto. Ora affronta la malattia con consapevolezza e una cura a base di immunoglobuline, che la porta periodicamente a Roma. «È una battaglia difficile – racconta – ma almeno ora so con chi sto combattendo. E soprattutto ho la speranza di tornare a vivere come una ragazza normale».