Bachi da seta
Bachi da seta

Tra le colline che guardano il Golfo di Squillace, nel silenzio di una terra abituata a resistere, Catanzaro riscopre il valore della sua storia più preziosa: la seta. Sì, proprio quella dei bachi – piccoli, affamati, silenziosi artigiani di un filo che ha fatto grande la città fin dal Medioevo.

La sericoltura, in Calabria, non è una curiosità per turisti, ma un tassello fondamentale della memoria collettiva. E Catanzaro, per secoli, è stata capitale indiscussa della seta nel Regno delle Due Sicilie, con laboratori, tessiture e commerci che arrivavano fino a Venezia e Istanbul.

Oggi, quel filo d’oro è tornato a intrecciarsi, grazie a piccoli allevatori, agronomi, artigiani e centri di ricerca che stanno rilanciando la coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta.

Dove tutto inizia: le foglie di gelso

Tutto comincia con un albero: il gelso bianco, la cui foglia è l’unico alimento del baco da seta. Nella zona sud di Catanzaro, ma anche nei dintorni di Settingiano, Simeri e Tiriolo, antiche piantagioni abbandonate sono state recuperate, e nuovi filari di gelsi sono stati messi a dimora da cooperative e associazioni locali.

Le uova dei bachi vengono incubate in ambienti controllati. Quando schiudono, i minuscoli bachi cominciano a nutrirsi voracemente di foglie fresche, crescendo giorno dopo giorno fino a raggiungere dimensioni sorprendenti. E poi, il momento più magico: la filatura del bozzolo, quel piccolo capolavoro che racchiude fino a 1500 metri di seta purissima.

Catanzaro, una capitale che riprende a tessere

L’allevamento dei bachi non è solo un’attività agricola, ma un atto culturale, identitario, poetico. I progetti attualmente in corso, sostenuti anche da enti locali e università, puntano a trasformare la seta in un volano per il turismo esperienziale e l’economia circolare.

Nei laboratori artigianali di Catanzaro, antichi telai tornano a suonare, tessendo stoffe leggere come il vento che accarezza le Serre. Giovani designer e maestri tessitori collaborano per fondere tradizione e innovazione. La seta calabrese non vuole solo tornare a vivere: vuole raccontare una nuova storia, fatta di rispetto per il tempo, per la terra e per le mani che lavorano.

Un’eredità che insegna

La sericoltura è anche una lezione di lentezza e attenzione. I bachi non perdonano errori: richiedono cura, silenzio, presenza. Non si può industrializzare un bozzolo. Non si può correre. E in un’epoca dominata dalla velocità, Catanzaro riscopre così un valore educativo e sociale, oltre che economico.

Nelle scuole, si organizzano laboratori dove i bambini imparano a nutrire i bachi, a osservare le trasformazioni, a toccare con mano la materia viva. È un modo per seminare futuro nel rispetto del passato.

Una seta che unisce

Oggi, grazie alla passione di pochi, il baco da seta è tornato a essere simbolo di resilienza e rinascita. Non solo per Catanzaro, ma per tutta la Calabria. Un tessuto che lega storie, territori, mani e sogni.

E chissà che domani, dalla seta calabrese non nasca una nuova economia, fatta non di sfruttamento, ma di valore. Perché un filo, se lo tiri con cura, può diventare ponte.