Reggio Calabria, il procuratore Lombardo lancia l’allarme: “Il fentanyl è tra noi. La ‘ndrangheta ha 60mila affiliati e traffici globali”
Maxi operazione antidroga con 54 misure cautelari: smantellate due organizzazioni criminali tra spaccio locale, importazioni internazionali e riciclaggio. Coinvolti minori e utilizzata la messaggistica criptata SkyEcc

C’è anche il fentanyl, l’oppioide sintetico tristemente noto per i suoi effetti devastanti e la sua diffusione crescente tra i tossicodipendenti, tra le sostanze di cui parlano gli indagati nelle intercettazioni dell’ultima maxi operazione antidroga coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. L’inchiesta, frutto di un’indagine articolata durata tre anni (dal 2021 al 2024) e condotta da carabinieri, polizia e guardia di finanza, ha portato all’esecuzione di 54 misure cautelari, smascherando due distinte associazioni criminali dedite al traffico internazionale di stupefacenti. “Il riferimento al fentanyl è un elemento molto preoccupante”, ha dichiarato il Procuratore facente funzioni Giuseppe Lombardo, incontrando i giornalisti. La presenza di questa sostanza, già responsabile di una crisi sanitaria negli Stati Uniti, testimonia l’evoluzione dei mercati della droga anche in Italia e l’elevato livello di pericolosità delle organizzazioni coinvolte.
Un'organizzazione per ogni livello di mercato: droga ovunque, anche tra i minori
La prima delle due associazioni individuate era radicata nei territori di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, San Roberto, Seminara, Gioia Tauro e Catania. Questo gruppo criminale era specializzato nella distribuzione al dettaglio di ogni tipo di droga – cocaina, crack, hashish, marijuana – con una logistica tale da coprire tutte le piazze dello spaccio. La base operativa si trovava nell’abitazione di uno dei promotori, già sottoposto agli arresti domiciliari, ma ancora in grado di dirigere i canali di approvvigionamento e coordinare l’attività degli affiliati. Preoccupante anche il coinvolgimento dei minori, utilizzati dalla rete per trasportare e consegnare la droga, con modalità che confermano una totale spregiudicatezza e assenza di scrupoli.
Dalla Colombia all’Europa passando per Gioia Tauro: riciclaggio e messaggi criptati
La seconda associazione si muoveva su un livello ancora più alto. Grazie a una rete transnazionale, importava ingenti quantità di cocaina da Ecuador, Spagna, Germania, Olanda e Belgio, sfruttando il porto di Gioia Tauro come hub strategico per lo sbarco e la successiva distribuzione in tutta Italia. Un’organizzazione strutturata, dotata di una vera e propria filiera logistica e finanziaria: i proventi venivano trasferiti in contanti verso Roma, dove un gruppo composto da cittadini di origine cinese si occupava del riciclaggio. Il denaro veniva così reinserito nel circuito economico legale, attraverso operazioni mirate che ne occultavano la provenienza illecita. Per sfuggire ai controlli e coordinare le operazioni, i membri delle due reti criminali utilizzavano la piattaforma di messaggistica criptata SkyEcc, sempre più ricorrente tra le organizzazioni criminali di alto livello, a conferma della crescente sofisticazione dei metodi impiegati dalla ‘ndrangheta.
Lombardo: “Servono strumenti adeguati per fronteggiare un fenomeno che ha potere e soldi”
Il Procuratore Lombardo non ha nascosto la gravità del fenomeno: “A questi risultati non si arriva senza strumenti e organici adeguati. Stiamo parlando di un sistema che dispone di risorse economiche immense e che ha ormai dimensioni globali”. La fotografia tracciata da Lombardo è inquietante: “Oggi la 'ndrangheta può contare su circa 400 famiglie e un numero di affiliati che non è inferiore a 60.000 persone”. Una potenza criminale che si muove tra la gestione capillare dello spaccio locale e il controllo delle rotte internazionali del narcotraffico, passando per la finanza illegale e l’infiltrazione nell’economia reale. Il rischio più grande, secondo la DDA di Reggio Calabria, è che si continui a sottovalutare la trasformazione della 'ndrangheta in una holding globale del crimine, capace di dialogare con i cartelli sudamericani, di sfruttare piattaforme digitali criptate e di riciclare milioni di euro attraverso reti parallele e sofisticate. Un fenomeno che impone una risposta altrettanto evoluta da parte dello Stato.