ricami
ricami

C’era un tempo in cui la bellezza non si comprava ma si creava con le mani, la pazienza e il cuore. Le donne calabresi erano le custodi di quest’arte antica, un linguaggio segreto che raccontava la loro storia e la loro fede. Sedute davanti a un semplice telaio, trasformavano la stoffa bianca con ago e filo, creando disegni che sembravano usciti da un sogno. Fiori che sbocciavano sul lino, intrecci che si avvolgevano come braccia amorevoli e motivi che narravano emozioni nascoste prendevano vita con gesti lenti e meditativi.

Il valore del lavoro e della tradizione


Ogni pezzo nasceva da una richiesta, da un desiderio concreto. Giovani spose cercavano corredi degni del loro futuro, famiglie ordinavano tovaglie per le feste, le chiese commissionavano arredi sacri. La bravura della ricamatrice era la sua moneta e il suo orgoglio, e il suo nome viaggiava da paese a paese. Il tempo dedicato al ricamo era un dono, ore di silenzio e concentrazione in cui ogni punto diventava pensiero e ogni motivo una benedizione. La tradizione si tramandava di madre in figlia e nei chiostri degli istituti religiosi, dove le educande imparavano a trasformare il filo in merletti leggeri come il respiro, capaci di trasformare ogni spazio in un santuario di grazia.

Memoria, identità e anima


Le mani che ricamavano sono diventate rare, sostituite dalla fretta e dal consumo, e il costo di un pezzo fatto a mano sembra troppo alto per l’economia moderna. Tuttavia la bellezza che quelle donne hanno creato non è scomparsa. Custodita nei cassetti delle nonne, appesa alle pareti delle chiese o conservata con cura, continua a parlare di memoria, identità e amore per la propria terra. Il ricamo delle donne calabresi non era solo decorazione ma un racconto di pazienza, forza e bellezza indomabile. Anche se il loro numero si è ridotto, il loro spirito vive in ogni fiore, in ogni intreccio e in ogni pezzo che racconta la storia di un’arte che risuona ancora come un canto antico.