Gusto Ribelle: Il cliente ha sempre ragione. Anche quando vuole le fragole a gennaio
Per la massa consumante, il cibo non ha tempo. Deve esserci. Punto.

Il consumatore delle quattro stagioni
Siamo sinceri: il consumatore moderno è diventato un piccolo despota. Cammina tra le corsie del supermercato con lo sguardo fiero di chi sa di avere in mano il destino dell’economia globale. Se cerca le fragole e non le trova, non si domanda se forse non è stagione. No. Si offende, sbuffa, cambia supermercato, scrive una recensione negativa online e magari tagga anche il Ministero dell’Agricoltura su Instagram. Perché viviamo nell’epoca in cui tutto deve esserci sempre. Mele in estate, pomodori a Natale, zucchine in pieno inverno, uva a Pasqua. E guai a dire che una cosa “non è di stagione”: sembri un predicatore vegano fuori moda. La stagionalità è diventata una roba da hippie con l’orto in balcone. Per la massa consumante, il cibo non ha tempo. Deve esserci. Punto.
E così, mentre in Calabria gli agrumi marciscono sugli alberi e i contadini si chiedono se ha senso raccogliere le clementine, nei banchi del supermercato troneggiano le arance egiziane. A un euro al chilo. Perché? Perché noi le vogliamo così: belle, grandi, lucidate, tutte uguali. E soprattutto sempre disponibili. Certo, è facile puntare il dito contro la globalizzazione cattiva, le multinazionali ciniche, la grande distribuzione affamata di profitto. Ma siamo onesti: se il mercato ci dà mele in ogni mese dell’anno è perché qualcuno le compra. Se troviamo il basilico fresco a gennaio (coltivato sotto luci artificiali e annaffiato con l’acqua calda dei reattori), è perché lo vogliamo lì, sul piatto della pasta, anche se fuori c’è la neve.
Il sistema siamo anche noi
E se oggi il cibo arriva da 10.000 km di distanza, spesso prodotto in condizioni ambientali e sociali disastrose, è anche perché non sappiamo più aspettare. Non sappiamo più desiderare. Pretendiamo, consumiamo, scartiamo. E poi magari ci indigniamo per la plastica, il riscaldamento globale e il caro vita. Il paradosso è che potremmo mangiare meglio, più sano, e persino spendere meno, semplicemente rispettando le stagioni. I prodotti di stagione, lo dice la scienza, sono più nutrienti, più saporiti, e costano di meno (quando non vengono abbandonati nei campi). Ma no. Il consumatore medio, educato a volere tutto subito, non è disposto a fare mezzo passo indietro. Ha diritto alla zucchina a gennaio. Al pomodoro perfetto a dicembre. Alla ciliegia in primavera inoltrata? No, troppo tardi. Il dramma è che più ci allontaniamo dalla stagionalità, più perdiamo il contatto con la realtà agricola, con il territorio, con il senso del tempo. Siamo consumatori smarriti, guidati dal calendario delle offerte, non da quello della terra. E allora forse è il momento di dircelo chiaro: se vogliamo cambiare il sistema, dobbiamo smettere di fare i viziati. Dobbiamo tornare a fare la spesa come si faceva un tempo: chiedendo che c’è oggi? e non dov’è la mia ananas matura pronta da frullare? Dobbiamo imparare a desiderare il ritorno delle fragole a maggio, non a pretendere di averle nel panettone. Rivoluzionare il cibo comincia così. Non dalla politica, ma dal carrello. E magari da un po’ di umiltà in più, e qualche pomodoro in meno... sotto l’albero.